Come la fenice dalle sue ceneri

Rinascere dopo il trauma ed adattarsi al cambiamento

 

Durante il corso della nostra esistenza ognuno di noi sperimenta eventi che possiamo definire traumatici oppure stressanti, ossia eventi che sono straordinari, esulano dalla nostra norma di vita. Questi eventi ci pongono la sfida di trovare soluzioni e fronteggiare qualcosa che si scosta dalla nostra norma quotidiana: le strategie di sopravvivenza abituali, quindi, non sono sufficienti per permetterci di farvi fronte. La sfida di fronte alla quale ci pongono lo stress ed il trauma sta proprio nel trovare una strategia adattiva nuova, una soluzione ad un problema che non ci si era posto mai prima. In questo senso ci sentiamo soverchiati: dobbiamo costruire una soluzione del tutto nuova ad un evento inaspettato, per cui difficilmente possiamo attingere a copioni comportamentali precedenti. Quello che definisce un evento stressante non è la sua connotazione positiva o negativa. Dobbiamo considerare che lo stress è appunto la pressione che percepiamo rispetto ad un evento, sia esso positivo, desiderato, oppure negativo e nefasto. Si può essere stressati in vista di un esame, di un importante cambiamento lavorativo, ma anche di fronte alla nascita di un figlio desiderato o nel trasferirsi in una nuova abitazione per noi più bella e comoda.stress Quello che ci stressa, quindi, è proprio la richiesta eccezionale di risorse cui siamo sottoposti e la straordinarietà dell’evento stesso. Il trauma, allo stesso modo, è un evento che ci costringe ad attingere a risorse nuove ed inaspettate, che ci richiede uno sforzo energetico mentale ed emotivo davvero consistente, smuove e crea fratture nel nostro mondo interno. Traumatico è un evento di fronte al quale ci percepiamo in serio pericolo di sopravvivenza fisica o psichica, per noi stessi, o per una persona a noi cara. Anche essere solo spettatori di un evento tragico può avere conseguenze in termini di esperienza traumatica. Quello che possiamo constatare è che, per quanto ognuno di noi desidererebbe non sperimentare eventi così dolorosi oppure preferirebbe non trovarsi in situazioni stressanti, essi sono entrambi inevitabili. Questo potrebbe iniziare a farci riconsiderare il ruolo dello stress e del trauma all’interno del ciclo di vita come contesti che ci costringono a ristrutturare il nostro schema di difese psicologiche e strategie di problem solving, affinando delle nuove possibilità e strumenti di adattamento e sopravvivenza.

In questo senso, ragionando in ottica di prevenzione, è importante comprendere cosa ci rende più capaci di sfruttare anche delle condizioni avverse trasformandole in modo positivo?

Per spiegarci questa capacità possiamo fare una piccola digressione relativa alla leggenda dell’araba fenice. L’araba fenice, si narra, abbia lacrime dalle potentissime proprietà curative, e la capacità straordinaria di rinascere dalle proprie ceneri.Una delle leggende di cui è protagonista narra che l’araba fenice nacque in cima al sacro salice di Heliopolis. Viveva vicino a una sorgente d’acqua in un’oasi del deserto in Arabia ma di tanto in tanto tornava a Heliopolis posandosi sull’obelisco del santuario cittadino.fenice2

Ogni 500 anni costruiva un nido sopra a un albero utilizzando, vi si adagiava sopra e attendeva di essere bruciata dai raggi del sole. Poi, una volta morta, dalle ceneri risorgeva. Secondo la leggenda dalle ceneri emerge un uovo che, grazie al calore dei raggi solari, cresce molto rapidamente facendo nascere la nuova fenice nel giro di 3 giorni. Una volta spiccato il volo, l’uccello mitologico raggiunge Heliopolis e ricomincia la sua lunga vita. La narrazione dell’araba fenice, simbolicamente, ci parla della possibilità e capacità di rinascere, e quindi rialzarsi, a seguito di eventi avversi o traumatici che possono accadere nell’arco della nostra vita: essa ci parla della possibilità di rinnovarci pur rimanendo noi stessi. La capacità di rinascere presuppone la possibilità di trasformare quanto ci portiamo dietro, quello che eravamo, ed integrarlo e rinnovarlo con aspetti nuovi che ci rendono sempre noi stessi, ma diversi, mai uguali, grazie all’esperienza che ci cambia e ci rinnova, come il filosofico concetto di Eraclito del fiume che scorre, che pur essendo sempre se stesso non è mai uguale a sé.

La leggenda dell’araba fenice simbolicamente ci può portare a considerare come nella nostra esistenza eventi di natura straordinaria, traumatica, o che ci risultino particolarmente difficili da superare possano essere considerati anche un elemento di crescita ed arricchimento, che ci consentono di rinascere, rinnovati appunto, scoprendo in noi nuove risorse e nuovi adattamenti che ci consentano di integrare nella nostra narrazione del sé e del nostro percorso di vita nuovi aspetti.

Il trauma, nel suo significato, riporta infatti ad una frattura, una spaccatura, una lesione. La frattura, però, è anche quello che lascia spazio affinché nuove interpretazioni, vissuti, e risorse possano trovare una sistemazione in un ordine preesistente. Quello che cerchiamo di veicolare, pertanto, è che non sia possibile evitare eventi di natura traumatica durante la nostra esistenza, ma che la capacità di integrarli nella nostra esperienza e ristrutturarci in base alle nuove richieste imposte dall’evento stesso possano essere la chiave per leggere in chiave trasformativa e non distruttiva un evento avverso. Volendo spiegare meglio questo concetto potremmo ricorrere alla citazione di Charles Darwin secondo cui “non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento”. Quello che ci rende capaci di sopravvivere quindi e di essere vincenti rispetto alle sfide che la vita ci propone è la nostra capacità di adattarci, evolvere, e quindi cambiare in base a quelle che sono le necessità che il nostro ambiente di vita ci impone: la nostra capacità di rinnovarci. Per questo motivo dovremmo educarci ed educare al cambiamento: cambiare non è un evento eccezionale, non è un elemento negativo, ma anzi è la condizione imprescindibile e naturale stessa dell’essere e del vivere. Questa mentalità ci porrebbe nella condizione di non combattere il cambiamento, ma di accoglierlo in maniera positiva, consapevoli che la trasformazione e la nostra plasticità sono elementi normali ed inevitabili. Che cosa rende le persone resilienti? Ossia capaci di far fronte in maniera positiva anche a quelli che sono degli eventi avversi, stressanti o traumatici?

La resilienza può essere definita come la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi: traslato nel mondo della psicologia questo concetto definisce la capacità delle persone di assorbire, quindi accogliere e superare, gli eventi di natura avversa o traumatica pur positive-addiction-language-blog-1-e1539385262493conservando un’attitudine alla vita capace di conservare la possibilità di sfruttare le opportunità positive. Possiamo quindi dedurre che l’attitudine al cambiamento ci rende resilienti, quindi è fondamentale partire dal nostro modo di interpretare il cambiamento stesso. Se ci percepiamo come malleabili, mutevoli, e interpretiamo la trasformazione come una sfida positiva, allora saremo più inclini ad accogliere anche le avversità come opportunità di rinascita e crescita.

Pertanto i fattori che consentono alle persone di fronteggiare in modo positivo eventi di natura avversa risiedono:

  • Nella precedente condizione psicologica e maturità delle strategie difensive
  • Nella interpretazione costruita intorno all’evento traumatico (come la persona spiega a se stessa quello che sta accadendo) e caratteristiche dell’evento stesso (possibilità di risoluzione, prolungamento nel tempo della situazione negativa)
  • Nella possibilità di attivare risorse come il sostegno sociale in grado di contrastare vissuti depressivi e di solitudine attraverso il legame con persone che effettivamente si mobilitano in soccorso della persona che vive una difficoltà
  • Capacità di narrare se stessi in modo malleabile, plastico, in modo tale da accogliere nuove interpretazioni di se stessi: vuol dire non interpretarsi come “io sono fatto così”, in maniera rigida e immutevole, ma piuttosto percepirsi come esseri in continuo cambiamento normalizzando l’eventualità di reinventarsi e ricostruirsi

È evidente, quindi, che le nostre possibilità di rinascere siano legate alle nostre risorse ed alla rete di relazioni sociali di cui facciamo parte, che può costituire un supporto importante, anzi essenziale, sia in termini di prevenzione circa la resistenza allo stress, sia in termini di aiuto all’occorrenza di un evento negativo.

La resilienza, quindi, è una dimensione che può essere costruita lavorando sulle componenti sopra citate e che ci può aiutare a rinascere, appunto, dalle ceneri della sofferenza, in modo tale che le nostre esperienze, anche negative, siano integrate nella nostra esperienza psichica come elemento di unicità all’interno della nostra storia personale, alimentando anche dimensioni come senso di autoefficacia ed autostima per essere riusciti a recuperare una dimensione di evoluzione proprio laddove ci sembrava più difficile farlo.

Articolo a cura della dott.ssa Anastasia Zottino

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