Genitori e figli: quelle regole che aiutano a crescere

Genitori e figli: quelle regole che aiutano a crescere

Educare i figli alle regole e dare loro dei limiti è fondamentale per una crescita sana ed armoniosa.

Le regole, riducendo il caos presente nell’ambiente, forniscono al bambino rassicurazione e contenimento, permettendogli di muoversi secondo riferimenti precisi. In caso contrario, il bambino crescerà confuso e non riconoscendo nei suoi genitori una valida guida, tenderà a chiudersi al dialogo, divenendo facilmente influenzabile dalle sollecitazioni provenienti dall’ambiente esterno.

braccioNon solo, dati scientifici ci dicono che i bambini sregolati, sono sottoposti a fonti maggiori di stress e corrono rispetto ad altri, un rischio più elevato di sviluppare patologie comportamentali.

Il fatto è stiamo vivendo un’epoca in cui non è mai stato così complicato stabilire per i propri figli delle regole precise e fare in modo che essi le acquisiscano e rispettino, senza dover ricorrere a lotte di supremazia o a minacce e punizioni. L’istinto genitoriale (del tutto naturale!) nei confronti dei figli è quello di preservarli il più possibile dalle frustrazioni, affinché possano esprimere i loro talenti senza impedimenti  e trovare soddisfazione nell’esplorare le loro potenzialità; è “farsi in quattro” per dar loro ciò che non si è avuto dai propri genitori, ma il rischio che si corre è quello di fare troppo: senza freni né sanzioni e con il costante timore di ferirli o frustrarli, rischiamo di ottenere esattamente l’effetto opposto, perché fuori dal contesto familiare, le regole esistono eccome e quando arriverà per loro il momento di farci i conti, l’esito potrebbe essere devastante.moooooo

Ciò che un genitore non dovrebbe mai dimenticare è la sua funzione di guida, di esperto, di base sicura, essenziale per il benessere e la crescita dei figli. Questa responsabilità è un valore da affermare con forza, da trasmettere di generazione in generazione, in un lavoro che dovrebbe essere di continuità tra le diverse figure educative che ruotano attorno al piccolo, in primis genitori ed insegnanti.

Nella nostra cultura si è fatta strada solo progressivamente la concezione del bambino come soggetto da conoscere e rispettare sempre, fin dai primi istanti di vita, principio questo, che ha profondamente migliorato il rapporto genitori-figli: ma rispettare il proprio bambino, non vuol dire sottomettersi ad esso, né privarlo dell’insegnamento e della trasmissione delle regole necessarie per il vivere civile. 

Ovviamente non è sufficiente sancire delle norme di comportamento lasciando che restino condizionamenti esterni, è importante che esse vengano apprese ed interiorizzate, in modo che il bambino possa imparare gradualmente a cavarsela da solo.

Cosa può facilitare tale interiorizzazione?

Nonostante sia impossibile fornire una ricetta universale per l’educazione dei figli, date le differenze individuali dei bambini e dei genitori stessi, per questi ultimi potrebbe essere utile tener presenti alcune parole-chiave:

  • Convinzione e Coerenza: è necessario che i genitori siano convinti dell’importanza delle regole stesse e che per primi le mettano in pratica (NO ai comportamenti contraddittori). Sarebbe bene inoltre motivare la ragione per cui ci si aspetta che il bambino attui quel determinato comportamento.
  • Chiarezza: è fondamentale essere chiari, oltre che determinati e continuativi nel tempo, poiché nessun bambino apprende delle regole, se trasmesse in modo ambiguo. L’utilizzo di poche parole e in una forma comprensibile, è spesso garanzia di successo (esempio: “Vincenzo, i denti!”, piuttosto che: “Sono 10 volte che ti dico di lavarti i denti”, oppure “”Mi aspetto che dopo aver giocato con le costruzioni tu le rimetta nella scatola”).
  • Condivisione: è essenziale che la coppia genitoriale condivida le regole proposte ed i relativi comportamenti, per evitare che uno dei due, non essendone pienamente convinto, finisca per invalidarli.

cosa è consentito e cosa noRispetto agli atteggiamenti provocatori dei nostri figli, quelli che nei piccoli definiamo “capricci”, è bene sapere che è attraverso essi che il bambino spesso chiede una risposta chiarificatrice, un contenimento,  una regola. Sgridarlo e basta vuol dire perdere una preziosa occasione. Ad esempio, nel dare un calcio ad una porta, è probabile che il bambino lanci uno sguardo agli adulti presenti, per richiamare la loro attenzione e per comprendere cosa pensano e cosa fanno, imparando quindi ciò che è consentito fare e ciò che invece è proibito.
Quando questo avviene, occorre intervenire con l’ascolto e non con i rimproveri e le colpevolizzazioni: colloquiare con i propri figli in un clima possibilmente sereno, riflettendo su ciò che sta accadendo e su cosa non sta funzionando, è indispensabile affinché il bambino riconosca ed accetti l’autorevolezza del genitore ed il valore delle regole da esso sancite.

È indubbio che al giorno d’oggi non sia semplice il “mestiere” di genitore; ma cosa lo rende così complesso?

La letteratura in merito sottolinea come negli ultimi decenni abbia avuto un ruolo importante in questo senso, il passaggio dal modello di “FAMIGLIA NORMATIVA” a quello di “FAMIGLIA AFFETTIVA”. 

La prima, tipica degli anni precedenti al ’68, era centrata sul dovere e sulla trasmissione di regole dai genitori ai figli, senza che questi ultimi potessero metterle in discussione; la seconda, invece, post ’68, si propone di basare la relazione genitori-figli sull’affettività, più che sulle norme e  sanzioni. In essa, il genitore assume una funzione di valorizzazione dei figli nella direzione dell’autorealizzazione e della felicità, piuttosto che della capacità di affrontare la vita. La preoccupazione di questa tipologia genitoriale quindi, è più quella di farsi amare che di educare e questo nel tempo, ha generato la comparsa di nuove figure, quali quella del “genitore-amico”, spesso troppo disponibile ed accondiscendente nei confronti dei propri figli, a discapito della sua responsabilità di cura.ultimo

Se ne deduce che ciò che consente al bambino uno sviluppo equilibrato della propria personalità, è avere nella sua famiglia d’origine la possibilità, da un lato, di esprimere e vedere soddisfatti i propri bisogni, sentendosi amato e valorizzato, dall’altro, quella di sperimentare limiti precisi, confini sicuri che non lo lascino in balìa di se stesso.

Articolo a cura della Dott.ssa Sara Belli

 

 

 

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