La paura di sbagliare
Il poeta americano George Woodberry scrisse:
“Non è la sconfitta il peggior fallimento. Il peggior fallimento è non avere tentato”.
Proviamo ad immaginare quanto potremmo realizzare nella nostra vita se riuscissimo ad utilizzare questa frase come nostro “cavallo di battaglia”, ovvero, se di fronte a scelte importanti, riuscissimo a farci guidare dal nostro istinto, senza soffermarci troppo a lungo a riflettere sui rischi connessi alla nostra azione.
Eppure, se esiste una paura che accomuna la maggior parte delle persone, è di sicuro la paura di sbagliare, di fallire, di rimanere delusi e insoddisfatti, di non essere all’altezza.
La paura di sbagliare, se occasionale ed “assunta in piccole dosi”, può essere funzionale, poiché può portare l’individuo a sfruttare al meglio le proprie risorse in funzione dell’obiettivo desiderato; al contrario, quando viene vissuta in maniera esagerata, generando terrore ed inquietudine ogni qualvolta ci si presenta un’occasione importante, l’unico modo per farvi fronte è quello di prenderne atto, cercando una o più strade per superarla.
Sono molte le persone che vivono nel timore continuo di fallire: spesso i loro errori non sono maggiori di quelli di altri, ma questo dato di fatto, palese anche ai loro occhi, non allevia minimamente la loro angoscia. Anzi, accade che le loro preoccupazioni li espongano ad un maggior rischio di lapsus e sbagli; non solo, i loro tentativi di evitarli ad ogni costo, in realtà innalzano la probabilità di commetterli.
La profezia che si auto-avvera non è un mito: se si è convinti di sbagliare, il solo fatto di crederlo farà si che il comportamento messo in atto realizzi la nostra aspettativa.
Definiamo la paura di sbagliare:
La paura di sbagliare può essere descritta come quella paralisi all’azione che blocca sul nascere i progetti, fa indietreggiare ai primi ostacoli e porta a demordere a prescindere, poiché il terrore del fallimento supera, almeno apparentemente, la possibilità di riuscire.
Chiamata anche atychiphobia, fu identificata negli anni ’60 dallo psicologo John Atkinson (Standford University) il quale condusse una serie di esperimenti sui bambini per testare la loro motivazione di fronte ad un compito da portare a temine. Dallo studio emersero due atteggiamenti opposti:
- quello di chi approcciava al compito spinto dal “need for achievement”, ovvero dal bisogno di realizzazione e dal desiderio di vittoria;
- quello di coloro che, spaventati dall’errore e frenati dalla “paura di sbagliare”, preferivano evitare l’umiliazione pubblica.
Alla base di quest’ultimo atteggiamento possono esserci svariate motivazioni: una scarsa autostima, una personalità fragile, il perfezionismo, la necessità di controllo, il timore del giudizio altrui, tutti fattori in grado di determinare l’insorgenza di svariati malesseri psicologici.
Come nasce la paura di sbagliare:
Per poterla superare è indispensabile chiedersi innanzitutto da dove ha origine. Non di rado, bisogna scovare nella propria infanzia: la famiglia, infatti, costituisce uno dei principali luoghi deputati all’apprendimento della paura di sbagliare.
Nelle famiglie in cui gli insuccessi assumono dimensioni sproporzionate e semplici errori vengono additati come difetti personali, il bambino è portato a credere che rinunciare sia meglio che rischiare di fallire.
I genitori che anziché motivare i propri figli ad agire, inibiscono la loro voglia di “provare a fare“, mediante frasi ripetute del tipo ”No, non si fa così” o “Attenzione a quello che fai, perché se sbagli ti punisco!”, fanno in modo che il bambino, a seguito dei rimproveri ricevuti, adotti ed interiorizzi pian piano un modello di comportamento “evitante” che in età adulta, diventerà automaticamente lo schema predominante in molte situazioni della sua vita.
Spesso senza volerlo, i genitori iper-protettivi contribuiscono a creare degli individui che crescendo tendono a chiudersi nella propria “area di agio” (o “di comfort”), riservandosi esclusivamente esperienze rispetto alle quali hanno la garanzia di riuscire: questo impedisce loro di maturare e di svilupparsi completamente; difatti, la paura di sbagliare costituisce uno dei principali ostacoli alla crescita personale.
Il contesto scolastico non è da meno: spesso la scuola rinforza le convinzioni negative apprese in famiglia o addirittura ne crea delle nuove. Ancora oggi l’educazione scolastica è troppo incentrata sull’esclusivo trasferimento del sapere (lezioni frontali, interrogazioni, verifiche, esami) e poco orientata a formare individui che siano in grado di far fronte alle innumerevoli sfide della vita. Sarebbe invece opportuno che gli insegnanti, nel loro certamente difficile ruolo di educatori, lavorassero al fine di rafforzare l’autostima dei propri alunni, incentivandoli a mettersi in gioco senza aver paura di fallire, poiché l’errore è parte del percorso di crescita oltre ad essere una grande opportunità di apprendimento.
Come affrontare e superare la paura di sbagliare:
Quante volte abbiamo ascoltato o pronunciato il detto “Sbagliando si impara!”, eppure culturalmente siamo soliti attribuire all’errore una valenza negativa. Pensare all’errore come qualcosa di grave, genera disagio, sofferenza, senso di colpa e ciò non può che peggiorare il nostro modo di vivere; al contrario, acquisire la capacità di guardare lo “sbaglio” da una prospettiva diversa, imparando a giudicarlo sopportabile, ammissibile, normale, potrebbe permetterci di perdonare a noi stessi gli errori commessi, liberandoci dalla trappola bloccante della paura.
Bisogna convincersi del fatto che ad avere successo non sono le persone particolarmente dotate, ma quelle che non mollano mai, che perseverano, che inciampano nei loro errori, si rialzano e proseguono.
È chiaro che quando la paura del fallimento diventa invalidante per l’individuo, è necessario compiere un lavoro su se stessi, intraprendendo un percorso con un professionista con il quale esplorare i propri “presunti errori” ed imparare a concepirli in modo diverso.
Detto questo, per impedire alla nostra paura di sovrastarci, inibendo la nostra azione di fronte ad un’occasione da cogliere, potrebbe essere utile seguire alcune indicazioni:
- Riconoscere ed accettare la paura di sbagliare: nell’attuale società dell’apparenza, il giudizio altrui e la paura della disapprovazione soffocano sul nascere molte iniziative. Scegliere è movimento e il movimento porta con sé il rischio di sbagliare, un rischio che fa paura soprattutto perché l’errore è soggetto ad un doppio giudizio: quello dato da persone esterne e quello, più rigido, espresso dal proprio “giudice interiore”. Riconoscere ed accettare la propria paura è il primo passo da compiere. Accettarla vuol dire essere coscienti del fatto che non ci sono garanzie di successo di fronte ad una scelta e che l’errore fa parte del gioco. Bisogna quindi porsi al centro del proprio percorso e riconoscere che è giusto rispondere dei propri sbagli e passi falsi solo a se stessi. Saper stare con se stessi, implica infatti la capacità di accettare quello che c’è, anche il disagio causatoci dai nostri insuccessi.
- Rinunciare all’ambizione della perfezione: la pretesa di “essere sempre all’altezza”, efficienti e immuni da errori, genera nell’individuo un forte carico emotivo (angoscia, ansia da prestazione, fantasie sul giudizio negativo altrui); per tale ragione, l’atteggiamento giusto per sconfiggere la paura di sbagliare è cercare di ottenere il miglior risultato possibile. Come? Acquisendo la consapevolezza dei propri limiti e delle proprie risorse, cercando di sfruttare al massimo quest’ultime e considerando, allo stesso tempo, tutte le variabili che essendo al di fuori del nostro controllo, potrebbero impedire il raggiungimento dell’obiettivo prefissato. Inoltre, poiché ogni comportamento produce sempre un risultato, non è corretto parlare di fallimenti, quanto piuttosto di “risultati indesiderati”.
- Imparare a considerare l’errore come un’opportunità d’apprendimento: solo attraverso ripetuti sbagli è possibile migliorare. L’errore è un elemento chiave dell’apprendimento; si pensi al bambino che inizia a muovere i sui primi passi: solo alla fine di tante cadute egli imparerà a camminare da solo! Tutte le capacità più importanti della vita (camminare, scrivere, parlare, ecc.) richiedono un certo numero di errori e di correzioni successive, prima di essere apprese, per cui lo sbaglio va riconosciuto come parte di un processo più ampio che riguarda lo sviluppo individuale. Vivere una vita senza commettere errori è pressoché impossibile: le persone che ci riescono, difficilmente raggiungono obiettivi importanti.
- Uscire dalla propria zona di agio: per ottenere qualcosa di importante bisogna osare! Uscire dalla propria zona di agio vuol dire mettersi in discussione ed avere il coraggio di sperimentare le proprie idee, rischiando certamente di sbagliare. Il coraggio non esclude la paura, anzi la prevede e la contrasta: esso consiste nella capacità di pensare ed agire in armonia con le proprie convinzioni, anche quando queste possono esporci alla disapprovazione o al rifiuto. Quando si esce dalla propria zona di comfort, la probabilità di commettere errori può essere alta, ma bisogna comprendere che è possibile migliorarsi soltanto mettendosi in gioco e cercando di porre rimedio agli errori commessi, esorcizzando così la paura di sbagliare. Prendere nota di ciò che non è andato bene e provare a correggerlo, impedirà alla nostra paura di paralizzare le azioni future.
- Distinguere tra “ho fatto uno sbaglio” e “sono sbagliato”: è molto comune la tendenza a considerare l’errore come una caratteristica personale. Niente di più sbagliato! Se commettiamo un errore non vuol dire che siamo dei falliti: riconoscere la natura contestuale di uno sbaglio, significa prendere atto che in una specifica situazione il nostro comportamento non ha prodotto l’effetto sperato. Mentre tale consapevolezza ci mette al riparo da sentimenti depressivi, pensare che l’errore ci definisca, produce ai nostri occhi e a quelli altrui un’immagine globale di inadeguatezza che ci procura sofferenza.
È importante sapere che l’identità è il risultato di tanti elementi in continuo in divenire, per cui l’esito di una singola azione non determina certamente il valore della nostra persona; ne consegue, che l’unico errore a cui non possiamo rimediare è “rinunciare a fare” per non rischiare un insuccesso.
“Puoi avere ciò che vuoi semplicemente se sei disposto a liberarti della convinzione che tu non puoi” (Robert Anthony)
Scritto dalla Dott.ssa Sara Belli per Benessere4u
Mia figlia ha avuto delle esperienze traumatizzanti a scuola. Non parlo solo di certi episodi di bullismo ma soprattutto di brutte esperienze con certe insegnanti. Credo che tutto ciò non lo abbia mai superato, nonostante abbia seguito due cicli di sedute presso due differenti psicologhe. Ora è grande, ma dentro di lei c’è una parte che non è riuscita ad evolversi positivamente rimanendo come un germoglio congelato. Credo che i danni fatti da certi insegnanti siano indicibili e scandalosi (sono una insegnante). Accennerò a mia figlia l’esistenza di questo vostro sito, se già non lo conosce perché è sempre molto informata. Grazie per il Vostro aiuto e per quanti come Voi si prodigano per il prossimo.
Gentile Rossana,
per prima cosa vogliamo ringraziarla per aver condiviso con noi degli aspetti così intimi della sua vita, di quella di sua figlia, del suo essere madre. Non sappiamo abbastanza delle vicende di cui ci accenna, per poterci esprimere al riguardo, ma avvertiamo tutta la sua preoccupazione e ciò che sentiamo di rimandarle è che le “ferite emotive”, che siano state procurate da episodi di bullismo piuttosto che da una relazione malsana con un insegnante, affinché possano smettere di “sanguinare” e di condizionare il proseguo del nostro cammino, necessitano di tutta la nostra cura ed attenzione. Quelle ferite sono il segno di un moto dell’anima, di una sofferenza da cui si può certamente ripartire e che può costituire un’opportunità per conoscersi più a fondo, per dare una nuova direzione al nostro “viaggio”, per poter “sbocciare”, anche se in modo diverso dalle nostre aspettative.
Questo per dire che quel “germoglio congelato” di cui lei ci parla, può trovare il modo di fiorire. Rispetto ai percorsi psicologici già intrapresi da sua figlia, ci sentiamo di richiamare la sua attenzione sul fatto che esiste un momento giusto per occuparsi di sé, un momento in cui si è più inclini ad affrontare temi o problematiche che ci toccano nel profondo e che quindi richiedono tutto il nostro coraggio e la nostra motivazione per essere trattati e fronteggiati. La invitiamo quindi a credere che un cambiamento, un’evoluzione in positivo, sia sempre possibile, poiché ciascuno di noi è in continuo indivenire.
Ringraziandola nuovamente per averci scelto, restiamo in ascolto, qualora sua figlia o lei, ancora una volta, sentisse il bisogno di aprirsi con noi.
Le ricordiamo che è possibile scriverci anche su info@psicologheinrete.it o tramite messaggio privato sulla nostra pagina facebook.
Un caro saluto.
Il team di Psicolghe In Rete
Brava ottimo articolo!
Distinti saluti Prof Fanelli