IL BULLISMO E LE SUE CONSEGUENZE
Con il termine bullismo s’intende definire una serie di comportamenti aggressivi ripetitivi, perpetrati da una o più persone (bulli) nei confronti di una vittima incapace di difendersi.
Silvana Galderisi, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Fisica e Medicina Preventiva dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, afferma che “il bullismo, pur essendo una sola parola, in realtà è un fenomeno molto variegato”.
Il sito Bullying Statistics ne classifica gli atti in 4 categorie: bullismo verbale (offese, nomignoli, molestie), bullismo sociale (pettegolezzi a diffusione di voci), bullismo fisico (pugni, colpi, spintoni) e cyberbullismo (qualsiasi forma di molestia attraverso Internet).
Secondo gli psicologi, ciascuna di queste forme è ugualmente dannosa, anche se solo il bullismo fisico mostra i segni più evidenti.
In ogni caso, per poter parlare di bullismo, è necessario che siano soddisfatti alcuni requisiti:
- i protagonisti sono sempre bambini o ragazzi, generalmente in età scolare, che condividono lo stesso contesto, più comunemente la scuola;
- gli atti di prepotenza, le molestie o le aggressioni sono intenzionali, cioè tesi a provocare un danno alla vittima;
- c’è persistenza nel tempo e ripetitività;
- c’è asimmetria nella relazione, cioè uno squilibrio di potere tra chi compie l’azione e chi la subisce (ad esempio per ragioni di età, forza, genere e per la popolarità che il bullo ha nel gruppo di suoi coetanei);
- la vittima non è in grado di difendersi, è isolata e spesso non denuncia per timore di eventuali ritorsioni.
Un’indagine Istat del 2015 evidenzia un fenomeno allarmante: più del 50% degli intervistati 11-17enni riferisce di essere rimasto vittima, nei 12 mesi precedenti l’intervista, di un qualche episodio offensivo, non rispettoso e/o violento; quasi uno su cinque (19,8%), dichiara di aver subito azioni tipiche di bullismo una o più volte al mese e in circa la metà di questi casi, si tratta di una ripetizione degli atti decisamente asfissiante, una o più volte a settimana. Le ragazze presentano una percentuale di vittimizzazione superiore rispetto ai ragazzi.
Per gli psicologi si tratta di una vera e propria emergenza, contrastabile a partire dall’intervento a scuola.
Mario Sellini, segretario generale dell’Associazione Unitaria degli Psicologi Italiani (AUPI) sostiene come la figura dello psicologo all’interno dei contesti scolastici sia fondamentale, per riconoscere in maniera tempestiva i disagi prima che favoriscano lo sviluppo di sindromi psicologiche. Sarebbe quindi necessaria la predisposizione di un programma di prevenzione del bullismo a scuola, mediante la valutazione del disagio giovanile e dei fattori di rischio individuali, familiari e ambientali, che potrebbero dare origine a comportamenti violenti.
Essere vittime di episodi di bullismo è certamente doloroso nell’immediato, ma costituisce anche un fattore il rischio rispetto allo sviluppo di diverse tipologie di disturbi, non solo in età infantile e adolescenziale, ma anche in età adulta.
Tra le principali conseguenze psicologiche a breve termine, si rilevano:
- Stanchezza persistente, Flashback, crisi d’ansia;
- Disturbi del sonno;
- Scarsa autostima e svalutazione della propria immagine;
- Problemi di concentrazione e di apprendimento;
- Calo del rendimento scolastico e cercare in ogni modo di evitare di andare a scuola;
- Stress, aggressività, tristezza.
Dati MIUR del 2018 ci dicono inoltre che 1 ragazzo su 4 finisce per abbandonare la scuola e con essa “un’idea di futuro”, condizione questa che molto spesso segna l’inizio di un vissuto di emarginazione.
Se considerato come una forma di stress cronico, il bullismo può avere infatti importanti implicazioni a lungo termine sulla salute fisica e mentale di chi lo subisce.
Studi al riguardo hanno rilevato nei gemelli vittime di bullismo una ridotta risposta infiammatoria, ormonale e metabolica allo stress rispetto a quella dei gemelli che non avevano subito episodi di bullismo. Tali modificazioni possono contribuire allo sviluppo di malattie quali il diabete, le malattie cardiovascolari, l’obesità, la depressione ed altre patologie psichiatriche, con importanti conseguenze sulla possibilità di realizzazione personale, sociale e lavorativa.
Strettamente correlati agli episodi di bullismo risultano essere anche i comportamenti suicidari: le ricerche mostrano che in generale tutti i soggetti coinvolti in episodi di bullismo (vittime, vittime persecutorie e bulli) presentano maggiori rischi di incorrere sia in pensieri suicidari che in tentativi di suicidio veri e propri, con una prevalenza da 3 a 5 volte maggiore degli adolescenti non coinvolti (Espelage, Holt, 2013).
Tuttavia non è solo la vittima a soffrire, ma anche lo spettatore: da uno studio al riguardo emerge che essere testimoni delle violenze più gravi, è associato ad un successivo uso di droghe e delinquenza, mentre l’esposizione a eventi di violenza minore (es. minacce e insulti) è connessa ad un incremento dell’uso di sostanze, all’ansia sociale e ai sintomi depressivi, oltre che ad una diminuzione dell’impegno e del coinvolgimento scolastico.
Il Bullismo produce effetti che perdurano nel tempo, causando rischi evolutivi anche per il bullo.
Tra gli effetti a breve termine:
- Calo nel rendimento scolastico;
- disturbi della condotta per incapacità di rispettare le regole;
- difficoltà relazionali.
Tra quelli a lungo termine:
- ripetute bocciature ed abbandono scolastico;
- comportamenti devianti e antisociali;
- violenza in famiglia ed aggressività sul lavoro;
- possibile sviluppo di un disturbo antisociale della personalità.
Ne consegue che intervenire precocemente, a seconda del grado di bullismo, è di fondamentale importanza. Altrettanto essenziale è che gli interventi di prevenzione includano non solo le vittime, ma anche gli spettatori e che prendano in considerazione non solo episodi di violenza fisica, ma tutte le forme di violenza che avvengono all’interno dei contesti scolastici.
L’errore più comune è pensare che il tempo sistemerà le cose.
“Non essere vittima di bullismo in silenzio. Non permettere che facciano di te una vittima. Non accettare la definizione di nessuno sulla tua vita, definisci te stesso”.
-Harvey Fierstein-
Articolo a cura della dott.ssa Valentina Treu