Il sentimento della vergogna negli adolescenti
L’adolescenza è un periodo evolutivo costituito da dinamiche complesse e da una molteplicità di cambiamenti su svariati fronti che coinvolgono il giovane, e spesso le persone a lui più vicine. Lo sviluppo fisico e sessuale, il distacco dalle figure genitoriali, la ricerca di un’identità più definita, sono solo alcuni degli aspetti che caratterizzano questa fase dello sviluppo, spesso etichettata come tumultuosa, problematica o più semplicemente “non facile”.
A livello emozionale, il mondo degli adolescenti è vasto, amplificato, fluido e la rapidità con cui le emozioni si trasformano, spesso li rende impreparati a gestire efficacemente questa complessità, e quindi bisognosi di un valido supporto nel difficile “compito” di riconoscere e comunicare le loro emozioni.
Siegel afferma che l’adolescenza è un po’ una “ristrutturazione” dell’individuo che da fanciullo, cambia pelle, struttura, centri di controllo, per diventare adulto. In questa fase della vita i sentimenti divengono carichi di significato, così come il desiderio di trasformarsi, di raggiungere la piena autonomia, di vivere grandi amicizie o grandi amori: in alcuni casi ci si nasconde, per il timore di essere “scoperti”, in altri ci si mette in mostra per essere visibili, per sentirsi importanti, ammirati, pensati, con il rischio di divenire oggetto di critica e disapprovazione da parte degli altri.
Fallire, nel tentativo di ottenere successo o più semplicemente di attirare l’attenzione altrui, può generare nell’adolescente la sensazione di non essere stato accolto nel proprio valore o di aver deluso, in qualche modo, oltre che le proprie aspettative, anche quelle del proprio contesto familiare o sociale. Accade infatti che quanto più sono elevate le aspettative sociali circa le prestazioni del ragazzo, tanto più sarà facile che egli sperimenti la paura di sbagliare, di non essere all’altezza, e quindi la vergogna per l’esposizione del Sé al giudizio altrui.
La vergogna è un’emozione che psicologi e psicoterapeuti riscontrano frequentemente nei loro giovani pazienti e che rappresenta per questi, uno dei vissuti emozionali più dolorosi, poiché capace di infliggere ferite tanto profonde da minacciare l’identità del soggetto stesso. Essa insorge in risposta ad una mortificazione del Sé, non è quindi difficile immaginare quanto, in una fase di estrema dipendenza dal giudizio altrui (specie quello dei pari) quale è l’adolescenza, si
sia estremamente vulnerabili a tale sentimento.
A differenza delle emozioni primarie (gioia, tristezza, disgusto, paura e rabbia), la vergogna è un’emozione “sociale”, “interpersonale”, che al pari del senso di colpa e dell’orgoglio, è legata alla percezione di sé in relazione all’Altro, ragione per cui, affinché la si provi, è necessario aver introiettato valori e norme di comportamento. Gli studiosi dell’età evolutiva ne riconoscono la presenza già a 18-24 mesi di età, quando il bambino comincia ad essere di in grado di valutare non solo le proprie emozioni, ma anche quelle altrui, quando iniziano le trasgressioni ed i “no” alle richieste genitoriali. Le prime esperienze di questo sentimento ruotano infatti attorno al rimprovero dei caregivers, mentre in adolescenza, è il “rimprovero” proveniente dal proprio contesto sociale d’appartenenza (il gruppo dei pari, in primis), a suscitare il vissuto di dolore connesso alla vergogna.
Comunemente si tende ad associare a tale sentimento, la timidezza, il ritiro, il bisogno di nascondersi ed il timore di mostrarsi nelle proprie fragilità, tuttavia, la vergogna ha anche un’altra faccia, quella dell’esibizionismo, della sfrontatezza, dell’eccessiva assenza di pudore, che apparentemente possono sembrare agli antipodi di tale sentimento, ma che in realtà hanno il solo obiettivo di esorcizzarlo. Si pensi agli adolescenti di oggi, a quanto il ricevere numerosi “like” alle proprie immagini o ai propri post su facebook, possa farli sentire seguiti, visti, ammirati e allo stesso tempo, a quanto le critiche o le disapprovazioni ricevute, possano destabilizzarli, generando in loro forti dubbi circa il proprio valore. In entrambi i casi, viene attribuito agli altri un ruolo osservante e giudicante che può indurre l’adolescente a sentirsi vulnerabile, infantile, incapace di comunicare in maniera efficace; non a caso a livello fenomenologico, la vergogna viene descritta come una sensazione sgradevole di nudità e trasparenza che comporta il desiderio immediato di sparire dalla vista altrui.
Lo scarto tra ciò che l’adolescente è nella realtà e ciò che vorrebbe/dovrebbe essere, costituisce la principale fonte di conflitto e vergogna per l’adolescente, divenendo un vero e proprio ostacolo all’adempimento di tutti quei compiti evolutivi che caratterizzano questa delicata fase della vita. In tutto questo, ha avuto un ruolo cruciale il passaggio da una tipologia di famiglia tradizionale, “normativa” e “punitiva” (dove i genitori erano impegnati a trasmettere valori e norme di comportamento socialmente condivise, la cui trasgressione da parte dei figli comportava per questi ultimi, oltre che severe punizioni, un forte senso di colpa), alla famiglia di oggi, accudente, “affettiva”, talmente proiettata a garantire il sano sviluppo psico-fisico dei propri figli, da generare in questi un marcato sentimento di vergogna qualora essi non riuscissero a corrispondere alle attese delle figure genitoriali o del contesto sociale d’appartenenza. In una simile condizione, il rischio, per il piccolo di casa, iper-investito ed idealizzato dai genitori, è di diventare un adolescente dipendente dal riconoscimento altrui, desideroso o meglio, bisognoso di corrispondere a tutti i costi a quel “figlio ideale” immaginato dai propri genitori.
Nonostante la vergogna costituzionale sia associata ad importanti funzioni adattive (il senso del pudore, l’intimità, la capacità di auto-osservazione, ecc.), quando eccessiva, può comportare gravi ricadute a livello psicologico: se in grado di generare quote elevate di dolore, di rabbia o tristezza, può indurre il soggetto a scomparire dallo sguardo altrui (ritiro sociale) o a ruminare progetti vendicativi rispetto all’umiliazione subita, sia in modo autodiretto (il suicidio, in casi estremi), che eterodiretto (violenza o aggressività ai danni di altri). In una società narcisistica come la nostra, l’adolescente che viene “svergognato” per qualcosa (un insuccesso amoroso, scolastico, sportivo, ecc), può quindi andare incontro a forme di disagio psicologico importanti quali, il ritiro sociale (abbandono scolastico e di altri contesti sociali, spesso accompag
nato dal rifugio nel mondo virtuale), i disturbi della condotta, i tentativi di suicidio, i disturbi d’ansia o le alterazioni delle condotte alimentari. Il corpo, in particolare, è molto coinvolto da tale sentimento in adolescenza: la paura di essere goffi, brutti e rifiutati e la difficoltà di integrare i cambiamenti puberali con l’immagine corporea ideale, può infatti innescare conflitti e circoli viziosi pericolosi, tali da compromettere, delle volte in maniera patologica, il rapporto con il cibo e con il proprio aspetto. Il timore di avere un corpo incompatibile con i modelli di bellezza socialmente condivisi, induce l’adolescente a vergognarsi e ad evitare lo sguardo giudicante dell’altro, ammutolito da un sentimento che lo paralizza e che gli impedisce di dar voce alla propria sofferenza.
Come genitori, educatori, psicologi, il nostro compito è di aiutare gli adolescenti a leggere e comprendere le sfumature del loro mondo emotivo, a distinguere le emozioni transitorie dagli affetti consolidati, allenandoli così ad una migliore coscienza di sé, alla tolleranza emotiva e alla resistenza allo stress. È essenziale ascoltarli e sostenerli, interessarsi a loro e al loro mondo, per non lasciarli soli di fronte ad un cellulare o ad un tablet, per aiutarli a comprendere che la perfezione non esiste, che “fragile” non è sinonimo di “incapace” e che essere se stessi è la più grande vittoria a cui si possa ambire.
Articolo a cura della dott.ssa Sara Belli