L'elaborazione del lutto nei bambini

L’elaborazione del lutto nei bambini

“Sta facendo qualcosa di strano, questo merlo. Non si muove!” esclama Ranocchio. “Sta dormendo”, gli spiega Porcello. In quell’istante, piomba Anatra. “Che sta succedendo?” chiede, agitata. “Sssst… fai piano, sta dormendo”, bisbiglia Ranocchio. Arriva anche Lepre, s’inginocchia accanto all’uccello e sospira: “È morto”. “Morto?” balbetta Ranocchio. “Cosa vuol dire?”

Così, nella dolce fiaba “Ranocchio e il merlo”, quattro amici affrontano con naturalezza l’idea della morte, reagendo ad essa ognuno con la propria modalità: Ranocchio nega, Porcello la confonde con il sonno, Anatra si agita pensando ad una malattia, mentre Lepre prende atto dell’accaduto ed inizia ad elaborarlo.

Perché questa introduzione? Perché storie come queste possono aiutare l’adulto nel difficile compito di spiegare ai propri figli che la morte è un evento naturale che, prima o poi, in un modo o nell’altro, tutti ci troviamo ad affrontare; perché quando ci si relaziona ad un bambino, soprattutto rispetto ad una tematica delicata come quella della morte, l’arma vincente è la SEMPLICITÀ, nelle parole quanto nei comportamenti.

Bisogna comprendere che non è possibile, in assoluto, evitare che i bambini sperimentino il dolore causato dalla morte di una persona significativa, né gli inevitabili cambiamenti che, di conseguenza, intervengono all’interno della famiglia. Eppure ancora oggi nella nostra società esistono dei tabù rispetto all’esperienza del lutto e della malattia, tanto più se si tratta di introdurre tale tematica ad un bambino.           Il forte istinto di protezione verso i bambini, porta spesso l’adulto ad allontanarli dal tema della morte, attraverso il silenzio, l’evitamento o il tentativo di mascherare la verità.

Si tende infatti a pensare che i piccoli non siano in grado di capire, partecipare e condividere la sofferenza, che siano troppo impressionabili e fragili; frequentemente vi è inoltre il timore di non saper gestire le loro reazioni. Ma il silenzio non protegge i bambini dal dolore.

In un ambiente favorevole, in cui ci si prende cura del bambino, la perdita di una persona cara (che sia un genitore, un nonno o un fratello) non determina necessariamente gravi difficoltà nello sviluppo del bambino.

Quali sono i rischi se non se ne parla?

Se la comunicazione è carente, possono manifestarsi anche dopo un prolungato periodo di latenza, disturbi della sfera emotiva, comportamentale e cognitiva. E’ fondamentale perciò che i bambini vengano sostenuti ed accompagnati passo passo nel percorso di accettazione ed elaborazione della realtà dolorosa e ciò è possibile solo all’interno di un rapporto affettivo basato sulla fiducia, sul dialogo e sulla condivisione.

Prendere parte ai rituali di passaggio inerenti il lutto (quali il saluto della persona cara o il suo funerale), ad esempio, potrebbe rivelarsi positivo per il bambino, in quanto la sua partecipazione al dolore, assieme ai suoicimitero cari, lo aiuterebbe a capire che la sofferenza esiste, fa parte della vita e che può essere espressa e condivisa, attraverso il sostegno e il supporto reciproco.

Nei casi di perdita improvvisa, violenta, è chiaro che diminuiscono le possibilità di avvicinare il bambino al tema della morte. La Fitzgerald (2002), suggerisce in queste circostanze, non solo di rispondere pacatamente e con sincerità ai dubbi e alle domande poste dal bambino sulla dinamica della morte, ma soprattutto di incoraggiare l’espressione delle sue fantasie sull’accaduto, per verificare che non siano più terribili della realtà stessa.
Detto questo, è importante fare una premessa: l’esperienza psicologica del lutto è del tutto personale e perciò tanto negli gli adulti, quanto nei i bambini, l’elaborazione di un evento doloroso come la morte, dipende da molti fattori:
l’età e il grado di maturazione mentale ed emozionale,
la qualità e l’intensità del legame con la persona scomparsa,
la possibilità di partecipare alla cura (nel caso di morte per malattia) e al saluto della persona cara,
la possibilità di esprimere le emozioni che si provano,
• le risorse affettive e comunicative della famiglia,
le risorse dell’ambiente sociale in cui il bambino e la sua famiglia sono inseriti.

A livello cognitivo, il concetto di morte si forma pian piano nel corso dell’infanzia, subendo un’evoluzione:
– a 3-4 anni, il bambino ignora la contrapposizione morto-vivo e pensa alla morte come qualcosa di non definitivo;
– a 6 anni, la morte è associata ad angosce e paure e viene attribuita più ad eventi esterni che a cause naturali;
– dai 7 anni, si rafforza il concetto di universalità ed irreversibilità;
– a 9-10 anni, il concetto di universalità ed irreversibilità si è ormai consolidato.
Si tratta quindi di un lento processo di acquisizione in cui la comprensione del significato della morte passa dal “non c’è”, al “non c’è più” fino al “non c’è per sempre”.

In funzione dell’età e dei fattori sopraelencati, ogni bambino troverà, con il sostegno dell’adulto, il proprio modo di elaborare la perdita subita. L’appoggio di un adulto significativo è comunque determinante, poiché il primo vissuto di lutto del bambino darà l’imprinting ad altre eventuali esperienze di perdita (non solo legate alla morte).lutto

In che modo l’adulto può aiutare il bambino a comprendere, accettare ed elaborare la perdita subita?

  1. In primis, fornendogli informazioni sufficienti e chiare su ciò che sta per accadere o è già accaduto: in base all’età del bambino e alla sua capacità di comprendere il significato della morte, l’adulto deve saper scegliere e calibrare le parole, prestando attenzione anche al modo in cui le utilizzerà. Attraverso un linguaggio semplice e senza inutili giri di parole, magari con il supporto di libri illustrati per l’infanzia, si possono evitare discorsi evasivi che rischierebbero di originare nel bambino pericolose fantasie e tabù. È anche importante che le parole siano accompagnate da un contatto fisico intenso e caloroso: la comunicazione verbale ed affettiva con le persone care, offre ai bambini maggiori strumenti per esprimere ed interpretare le proprie emozioni e quelle altrui. Tenerli fuori da tutto non è la soluzione! Anche perché essi sanno comprendere che qualcosa è accaduto, lo sentono, lo leggono nei volti delle persone che amano, lo avvertono dai loro silenzi e dai loro movimenti.
  2. Stimolando il bambino ad esprimere e comunicare il proprio dolore: prima ancora è importante che l’adulto conceda a se stesso l’espressione della propria sofferenza, senza sentirsi inadeguato; è essenziale però che cerchi un linguaggio che sia da ponte verso il bambino e lo incoraggi a manifestare il suo stato d’animo. La creazione di un’atmosfera intima ed accogliente e la disponibilità all’ascolto consentiranno al bambino di lasciarsi andare alle emozioni legate alla perdita (tristezza, rabbia, disorientamento, paura, sensi di colpa ecc.) e di iniziare a mentalizzare il proprio dolore. Parliamo di educazione alle emozioni, alla capacità di riconoscerle ed esprimerle: l’apertura alla propria sofferenza consente il graduale superamento del dolore e la rassicurazione dell’adulto rispetto alla tristezza, alla nostalgia o alla rabbia che il bambino può provare a seguito della perdita subita, è fondamentale affinché l’elaborazione del lutto si compia.
  3. Preparandolo e rendendolo partecipe: qualora l’evento non sia improvviso, è auspicabile, come già accennato, che il bambino venga preparato gradualmente alla scomparsa della persona amata. In che modo? Concedendogli la possibilità di sentirsi partecipe. È vero che non si è mai preparati alla perdita di una persona cara, a maggior ragione se si è bambini, ma la possibilità di essere presenti può fare la differenza: il bambino avrà infatti l’opportunità di salutare la persricordoona cara e di condividere il dolore con i suoi familiari, alleviando eventuali sensi di colpa futuri.
  4. Condividendo con lui il ricordo della persona scomparsa: parliamo di “cura del ricordo”, ovvero di consolidare la rappresentazione che il bambino ha della relazione con la figura che lo ha dovuto lasciare, incoraggiando la narrazione e la rievocazione degli avvenimenti, le gioie, i dolori, le speranze e le preoccupazioni vissute insieme (ad es. guardando insieme le fotografie). La cura del ricordo rimanda al mondo degli affetti e delle relazioni, lo stesso mondo in cui il legame con il defunto è ancora vivo e nutrito.

Quali possono essere le reazioni del bambino alla perdita della persona amata?

Il modo in cui i bambini reagiscono alla morte di un caro, come già accennato, dipende dall’interazione dei fattori suddetti. Spesso le difficoltà di elaborazione del lutto si rivelano attraverso manifestazioni psicosomatiche, quali: insonnia, inappetenza, balbuzie, disturbi della pelle, incubi notturni, peggioramento di sintomi già presenti (ad es. asma, cefalee), oppure attraverso difficoltà di concentrazione, calo del rendimento scolastico, ripiegamenti regressivi (succhiamento del pollice, enuresi, encopresi, paura del buio, non voler dormire da soli), isolamento, irrequietezza, rabbia, aggressività e ansia.

Può accadere, inoltre, che i bambini provino un senso di colpa legato o alla credenza che i propri comportamenti “cattivi” possano aver causato la morte della persona cara, o al fatto di sentirsi felici nonostante la perdita subita.

È certo che i bambini in lutto non tollerano a lungo il dolore, per cui è possibile che passino velocemente dal pianto al riso e che si distraggano interessandosi ad altro: quest’atteggiamento non deve essere confuso con il disinteresse o l’indifferenza; accade infatti che nei momenti più inaspettati essi pongano domande inerenti la scomparsa della persona cara.
In generale, l’elaborazione del lutto è un processo mentale lungo e complesso attraverso il quale le persone coinvolte cercano di capire, anche a livello emotivo, cosa hanno perduto, quali aspetti di loro stessi non potranno più realizzarsi e quali, invece, si andranno a modificare; implica quindi un lavoro psichico molto impegnativo, ancor di più per i bambini. Ciò non significa che la morte rappresenti necessariamente un evento traumatizzante: i bambini, possiedono infatti una grande risorsa, una fortissima voglia di vivere, che l’adulto deve saper sostenere. Qualora vi fossero delle difficoltà nell’accompagnare il bambino in questo lungo percorso, la consulenza ed il sostegno psicologico di una persona esperta potrebbe facilitare il superamento di questa delicata fase della vita.

Scritto e pubblicato dalla Dott.ssa Sara Belli per Benessere4u

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