Il vissuto emotivo dei “siblings”

Il vissuto emotivo dei “siblings”

Il rapporto tra fratelli si configura come una delle relazioni umane più durevoli ed intense, un legame che per via della sua forza ed unicità, consente a due o più individui di incidere in maniera significativa l’uno sulla vita dell’altro. Sentimenti vigorosi e diversi tra loro quali, il senso di attaccamento e la conflittualità, l’amicizia e la rivalità, la vicinanza e il rifiuto, consentono ai componenti della fratria di conoscersi e riconoscersi e di sviluppare parallelamente la propria identità ed indipendenza.

Ma quando la relazione fraterna è con una persona con disabilità, cosa cambia? Cosa vuol dire essere fratelli di un bambino disabile? Quali sono le emozioni, le problematicità e i meccanismi di adattamento in questo tipo di relazione?

Il vissuto emotivo dei “siblings”, fratelli di persone con disabilità“Siblings” è il termine mutuato dalla lingua inglese, con cui da circa 30 anni ci si riferisce a fratelli e sorelle di persone con disabilità, fratelli “speciali”, per i quali non sempre, o meglio, non tutte le volte che lo si desidera, è possibile assumere i diversi ruoli (di confidente, amico, rivale, consigliere, ecc.) che le fratrie “standard” consentono. Certamente è possibile condividere la stessa famiglia e lo stesso percorso di vita, ma quella condivisione delle volte, può essere gratificante tanto quanto soffocante (specie in alcune fasi della crescita), rendendo complicate le relazioni tra il sibling ed il fratello più vulnerabile.

La ricerca su tale fenomeno prese avvio partendo dalla convinzione che la presenza di un bambino disabile all’interno di una fratria avesse un effetto negativo sullo sviluppo degli altri membri; questo, a prescindere dalle diverse variabili in gioco. Solo diversi anni dopo, l’individuo con disabilità iniziò ad essere considerato come “persona” e come membro della famiglia e non più come semplice “fattore in grado di”, generando così nuovi interrogativi circa il suo vissuto psicologico, quello dei genitori e successivamente, dei fratelli. Probabilmente una delle ragioni per cui l’interesse scientifico per la condizione dei siblings sia nato solo di recente, sta nel fatto che a seguito della de-istituzionalizzazione e dell’allungamento delle speranze di vita delle persone con disabilità, i loro fratelli hanno cominciato ad essere visti come “futuri caregivers” e quindi come “nuovi fornitori di cura”, una volta scomparse le figure genitoriali. Ma al di là di quest’aspetto concreto, c’è molto altro a cui gli studiosi dell’ambito hanno riconosciuto di dover prestare attenzione, ovvero i significati e gli stati emozionali tanto variegati quanto affini, connessi all’essere fratello o sorella di un individuo più fragile.

C’è il dolore, c’è “la sensazione di non essere visti” (o almeno, non come si vorrebbe) dai propri genitori, c’è il “dover essere forti e più responsabili”, semplicemente perché più fortunati, indipendentemente dall’ordine di nascita … ma c’è anche la gratificazione nel fare qualcosa che possa rendere felice il fratello più vulnerabile, la gioia che deriva dalle sue conquiste e ancora, tante risorse (altruismo, capacità di ascolto, maturità, ecc.) che emergono e si consolidano nel sibling per via del rapporto quotidiano con un persona bisognosa di attenzioni speciali.

famigliaAlessia Farinella, autrice di “Siblings. Essere fratelli di ragazzi con disabilità” (2015), afferma: «crescere con un fratello o una sorella disabile è un’esperienza che suscita sentimenti forti e contrastanti, e può lasciare delle tracce profonde. Il vissuto di dolore della fratria rispetto alla fragilità di uno dei suoi membri non è pari a quello dei genitori, ma esiste e non è un fenomeno trascurabile». Non solo, le emozioni ambivalenti dei siblings nei confronti del fratello disabile vanno ad assumere una diversa connotazione e un diverso valore lungo il dispiegarsi delle varie tappe di vita:

  • Durante l’infanzia, diverse testimonianze ci dicono che i bambini, specie quando il fratello con disabilità è il maggiore, prendono piena coscienza della vulnerabilità di quest’ultimo solo quando ci si comincia a confrontare con il gruppo dei pari (a scuola, ad esempio) e ci si rende conto, quindi, delle sue reali difficoltà.
  • Nella fase adolescenziale, la situazione può complicarsi per via del fatto che il sibling prende atto di non poter vivere pienamente la relazione fraterna nelle sulle molteplici sfumature: questa consapevolezza può portarlo a cercare di colmare queste mancanze mediante il rapporto con i coetanei, coetanei che non sempre a quest’età sono disposti (o capaci) di prestare al sibling il supporto e l’ascolto di cui necessita. La sensazione che può derivarne, è quella di dover provvedere in totale autonomia al proprio percorso di crescita.
  • In età adulta, la relazione fraterna rappresenta ormai un punto fermo, una fonte di supporto e sicurezza per il fratello più fragile; parallelamente iniziano a farsi consistenti le preoccupazioni e gli interrogativi circa il futuro di quest’ultimo nel momento in cui i genitori non potranno più occuparsene. Ne consegue il desiderio del sibling di fare qualcosa che garantisca al proprio fratello una vita di qualità, cercando allo stesso tempo, di non stravolgere completamente la propria.

Certamente, non è possibile stabilire a priori se vivere una relazione fraterna con una persona con disabilità, costituisca per il sibling un fattore di rischio o al contrario, un elemento in grado di rafforzarne la crescita e la resilienza; questo perché i fattori in gioco sono molteplici e variegati.

I fratelli di persone vulnerabili difatti, vivono la loro condizione in modo differente l’uno dall’altro, non solo per via dei tratti specifici della loro personalità, ma anche per il fatDISABILI-MAGGIORENNIto di confrontarsi con varie tipologie di disabilità (autismo, sindrome di Down, ritardo mentale o dello sviluppo psicomotorio, ecc) ed inoltre per i diversi contesti (geografici, sociali e culturali) in cui essi e le loro famiglie sono inseriti, notevolmente influenti sulla capacità di accettare, rapportarsi o adeguarsi alla disabilità del fratello. Certamente un ruolo decisivo lo ha l’atteggiamento della coppia genitoriale, sia rispetto all’educazione dei propri figli (ad esempio, nel grado di coerenza, nelle differenze di attenzione e comportamento verso i singoli figli, nelle strategie utilizzate per favorire o meno la socializzazione fraterna, nel livello di responsabilizzazione affidato al sibling, ecc.), sia a livello psicologico e comunicativo. La presenza di genitori aperti al dialogo, chiari rispetto alla realtà delle cose e fiduciosi nelle capacità dei figli, sembra infatti consentire a questi ultimi di vivere il proprio legame e il proprio ruolo di fratelli in maniera positiva e costruttiva.

Alla luce di tutto questo, appare dunque indispensabile offrire ai siblings l’opportunità di essere ascoltati, sostenuti e contenuti, affinché non si sentano soli, prevenendo in tal modo, l’insorgenza di possibili traumi o disagi di natura psicologica.

In linea con quest’obiettivo, negli ultimi anni, sono nate molteplici associazioni, progetti ed iniziative che, seppur di differente impostazione, hanno voluto creare occasioni di condivisione e amoreDisabilita267comunicazione fra i siblings, per aiutarli a comprendere meglio i bisogni dei loro fratelli vulnerabili, per portarli ad esplorare e valorizzare le proprie risorse assieme ad altri coetanei che condividono la stessa condizione.

Crescere con un fratello con disabilità non è di certo un’esperienza facilmente definibile: la possibilità di riuscire, individuando le potenzialità che può offrire questa “speciale relazione fraterna” è difatti il risultato di tanti sforzi, delle molteplici risorse messe in campo da tutte le persone coinvolte (nessuno escluso), al fine di riconquistare un nuovo equilibrio, una nuova armonia, un “nuovo modo di fare famiglia”.

Articolo a cura della dott.ssa Sara Belli

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