Genitori-elicottero: quali i rischi per il benessere psicologico dei figli?
Essere genitori, oggi più che mai è indubbiamente un “compito” non facile, poiché comporta l’assunzione di un ruolo complesso, delicato, sempre mutevole. Ciò che più desta preoccupazione è l’impossibilità di controllare gli “effetti collaterali” delle proprie azioni educative, seppur compiute con le migliori intenzioni. Purtroppo, o per fortuna, non esistono ricette universali su come tirar su i propri figli, non c’è modo di avere la certezza che ciò che facciamo per loro darà i frutti sperati, poiché ogni genitore è diverso dall’altro, così come ogni bambino è diverso dall’altro.
Alison Gopnick, psicologa infantile di fama internazionale, nel suo saggio “Essere genitori non è un mestiere” (2017), difende il ruolo protettivo dei genitori e sostiene che prendersi cura dei propri figli sia ciò che ci rende più umani, ciononostante, l’autrice sottolinea come negli ultimi decenni abbia preso sempre più piede un “processo di professionalizzazione della genitorialità”, un’industria miliardaria attraverso cui si cerca di convincere madri e padri che sia possibile usare dei “metodi educativi prestabiliti” per fare in modo che i propri figli diventino adulti di successo. Il rischio è che la relazione più naturale ed istintiva del mondo, quella genitore-figlio, perda gran parte della sua naturalezza e del suo carattere istintivo, in base alla convinzione che seguendo una formula valida per tutti sia possibile salvaguardare i propri bambini dalle situazioni reali, e al tempo stesso, in maniera contraddittoria, fare di essi degli adulti in miniatura, capaci di governare il mondo.
La realtà è che quello che sarà il loro futuro non è possibile saperlo e che la loro strada la dovranno trovare da sé, perciò, quanto più i genitori saranno in grado di sostenere lo sviluppo della loro indipendenza, crescendoli in un clima di amore incondizionato, regole ed ascolto, tanto più essi saranno pronti a far fronte alle sfide della vita.
Mai come nella società attuale, l’ansia e le preoccupazioni genitoriali circa la crescita dei propri figli, sono state così pressanti, al punto da generare la diffusione di una modalità tanto comune quanto dannosa per farvi fronte: quella di controllare a vista il proprio bambino-ragazzo in ogni suo movimento, reale o virtuale che sia.
“Helicopter parents”, questa è l’espressione con cui viene definita tale categoria di genitori, mamme e papà molto vicini, troppo vicini ai loro figli, sempre pronti a soccorrerli e ad aiutarli a superare gli ostacoli che incontreranno, soprattutto in ambito scolastico.
Il termine, coniato da Foster W. Cline, M. D. e Jim Fay nel loro libro “Parenting with Love and Logic: Teaching Children Responsibility” (1990), già da diversi decenni viene comunemente utilizzato nei paesi anglofoni in riferimento a quei genitori che appunto, in maniera analoga agli elicotteri, sorvegliano i propri figli dall’alto, provvedendo ai loro bisogni e problemi, spesso ancor prima che si presentino. Parliamo di una iper-presenza fisica e psicologica che, da diversi risultati scientifici, sembra produrre più danni che benefici: tale atteggiamento difatti, tende a frenare l’acquisizione dell’autonomia dei figli, con l’inevitabile risultato di renderli vulnerabili ed intolleranti alla frustrazione. Del resto, al pari dell’essere fisicamente assente ed emotivamente indisponibile per i propri figli, anche una presenza “morbosa” può incidere negativamente sulla loro psiche: pensiamo ai quei genitori che contestano un brutto voto agli insegnanti dei loro figli, già universitari, che li accompagnano ai colloqui di lavoro, che si intromettono nelle loro faccende amicali o sentimentali e che a seguito delle loro continue pressioni a primeggiare e ad “essere i migliori”, li inducono a sviluppare una forte ansia di successo.
Holly Schiffrin, docente di Psicologia presso l’Università di Mary Washington in Virginia, parla di “un eccessivo coinvolgimento nella vita dei figli che non è appropriato alla fase di sviluppo in cui essi si trovano”. In uno studio da lei condotto, è stato esaminato, nello specifico, come il fenomeno del “genitore-elicottero” incida sull’autodeterminazione ed il benessere di un gruppo di studenti americani. Al campione, costituito da 297 studenti universitari, di età compresa tra i 18 e i 23 anni, è stato chiesto di descrivere:
- i comportamenti genitoriali della madre,
- la loro percezione di autonomia ed auto-efficacia,
- il loro livello di ansia e depressione,
- la loro soddisfazione generale verso la vita.
I risultati hanno evidenziato come l’atteggiamento elicottero sia correlato non solo ad elevati livelli di ansia e depressione, ma anche ad una diminuzione della soddisfazione di vita, a bassi livelli di autonomia percepita e ad una scarsa percezione di auto-efficacia rispetto alla propria capacità di comunicare e di andare d’accordo con le persone.
Due studi pubblicati sul “Journal of Personality” hanno evidenziato invece che l’attuale generazione di adulti con genitori-elicottero sono così dipendenti dal bisogno di affermazione, da prediligere situazioni che aumentano la loro autostima anche per fare sesso, magiare dolci e bere. Sembra che alle origini di questo bisogno ci sia un affetto genitoriale basato sul merito (“mamma ti ama soprattutto quando ti comporti bene, quando porti dei bei voti”, ecc.), un amore finalizzato esclusivamente ad ottenere un certo tipo di comportamento (generalmente, la buona condotta), piuttosto che un amore incondizionato (“mamma e papà ti vogliano bene indipendentemente da quanto sarai bravo”). Anche per via del fatto che l’oggetto di studio più accessibile finora sono stati gli studenti universitari, molti ricercatori ritengono che il fenomeno degli “helicopter parents” sia direttamente collegato allo status socioeconomico delle famiglie, quelle più abbienti ed istruite che, in virtù delle loro possibilità finanziare, tendono ad esigere “il meglio” per i propri figli.
Uno dei rischi connessi a questo stile educativo eccessivamente controllante è che l’iper-presenza genitoriale non permette ai bambini di sperimentare autonomamente situazioni ansiogene e quindi di trovare soluzioni efficaci ai problemi. È un po’ come se una mamma che ha paura dei cani, impedisse al proprio bambino di avvicinarcisi, privandolo quindi della possibilità di fare quell’esperienza e di superarla positivamente. Ecco! I genitori elicottero, fanno essenzialmente questo!
Massimo Recalcati, psicoanalista, sostiene che la formazione passi per la via del fallimento e che la giovinezza rappresenti indubbiamente l’epoca in cui sbagliare non è solo consentito, ma obbligatorio. Eppure al giorno d’oggi, l’attenzione, o meglio, il controllo esercitato sulla vita dei figli spesso è tale da non consentire loro il benché minimo cedimento.
Quali fattori potrebbero aver contribuito a determinare l’insorgenza di una “genitorialità eccessiva”, altrimenti detta “overparenting”?:
- Diventare genitori ad un’età avanzata: essere dei genitori “maturi”, cronologicamente parlando, può difatti portare ad una percezione dei figli come una proprietà di grande valore, un bene prezioso da tutelare ad ogni costo e da ogni rischio.
- L’incertezza generata dalla crisi economica: la crisi indubbiamente ha contribuito a suscitare nei genitori una marcata preoccupazione per il futuro dei propri figli; il timore che essi non riescano a realizzare da soli ciò che la società chiede loro, li spinge quindi a tentare di tutto per accompagnarli il più a lungo possibile nella loro crescita.
- La forte natura competitiva della nostra società: al giorno d’oggi si richiedono conoscenze, competenze ed attitudini sempre più spiccate per entrare nel mercato del lavoro e questo genera nei genitori l’ansia di crescere figli che siano “all’altezza” delle aspettative sociali; il rischio è che per paura che possano fallire, si sostituiscano a loro, facendosi carico delle loro responsabilità e problematiche;
- La tendenza a proiettare le proprie ambizioni sui figli: molti genitori-elicottero temono che senza una laurea al top, i propri figli non possano essere abbastanza combattivi nella società di oggi; per tale ragione, spesso li sottopongono a delle pressioni enormi, mossi da un bisogno di affermazione e successo che in realtà appartiene solo a loro.
Tale modalità educativa, non danneggia solo il figlio, ma anche il genitore stesso: per le mamme ed i papà “elicottero”, essere costantemente in prima linea, è difatti estremamente faticoso; non solo, la creazione di un “legame fusionale” con il bambino, genera in essi un forte senso di insoddisfazione per la propria vita, nel momento in cui il figlio, in procinto di diplomarsi e quindi, di allontanarsi da casa, li induce a prendere realmente coscienza di avere esistenze separate. Allo stesso modo, quello stesso figlio avvertirà una marcata sensazione di smarrimento, proprio perché impreparato e “lasciato solo” ad affrontare la vita.
Ovviamente quanto detto non vuole essere un atto di colpevolizzazione ai genitori, ma piuttosto un modo per far conoscere i costi di un eccessivo controllo sulla vita dei propri figli: solo sbagliando questi saranno in grado di prendere decisioni, di fronteggiare situazioni critiche e di assumersi le responsabilità che, prima o poi, nella vita, saranno chiamati ad assumersi. “Togliere ogni ostacolo dal cammino dei nostri ragazzi, non rafforza la loro autostima, ma la nostra” (J. Lahey, 2017).
“Possiamo arare il campo, gettarvi la semente più buona, riparare i primi germogli dalle asperità del tempo cattivo, curarne le malattie, non fare mancare il giusto apporto di luce e acqua, ma tutto questo, e altro ancora che potremmo fare, non potrà mai assicurarci la qualità del risultato che otterremo. Possiamo contribuire a preparare un campo fertile, ma nulla ci garantirà dell’effettiva realizzazione di questa fertilità. La vita è esposta senza protezione al rischio irreparabile della contingenza” (Recalcati, 2013)
Articolo a cura della dott.ssa Sara Belli