Obesità Infantile e relazione madre – bambino
Le abitudini alimentari assunte sin dalla nascita, incidono in maniera significativa sullo stile di vita di ciascun individuo. Alla luce di questo, cosa può fare una neomamma e ancor prima, una donna in gravidanza, per avviare il proprio bambino ad una sana alimentazione e “proteggerlo” dall’insorgenza dell’obesità infantile?
Ad oggi, l’obesità si configura come il disturbo nutrizionale più frequente nei Paesi occidentali e costituisce uno dei principali problemi di salute pubblica a livello mondiale; l’Organizzazione Mondiale della Sanità ne parla infatti definendola “una silente epidemia globale”, riportando in merito dati allarmanti:
– 50% di adulti europei in sovrappeso ed obesità,
– 5 milioni di bambini obesi,
– 22 milioni in sovrappeso.
Ciò che desta particolare preoccupazione è che l’obesità in età evolutiva tende a persistere in età adulta in una percentuale che va dal 40 al 60%; ne consegue quindi la necessità di un’adeguata prevenzione volta ad evitare che abitudini alimentari disfunzionali acquisite nell’infanzia, si consolidino, strutturandosi in età adulta.
A seguito dei ripetuti fallimenti delle sole diete (intese come “restrizione calorica”) o dei metodi comunemente utilizzati per perdere peso, risulta evidente come un fenomeno così complesso, per poter essere compreso, necessiti di essere analizzato a 360°, nei suoi risvolti culturali, ambientali e psicologici. Le modalità relazionali bambino-caregiver (la madre, in genere), ad esempio, sembrano avere un ruolo fondamentale nel definire il rapporto del bambino con il cibo: la nutrizione costituisce infatti un ambito privilegiato per lo sviluppo e l’evoluzione di un’adeguata relazione madre-bambino.
Già la Bruch (1974), sottolineò come nei casi di obesità infantile, fosse presente una difficoltà delle madri a riconoscere i bisogni e gli stati emozionali del bambino e la tendenza ad utilizzare il cibo come panacea per qualunque segnale di disagio da esso espresso.
Difatti, i bambini obesi appaiono tendenzialmente disorientati e con una marcata difficoltà nel distinguere i loro bisogni dai loro desideri, nel riconoscere le loro sensazioni, alle quali spesso rispondono indiscriminatamente con il cibo.
Se il cibo viene offerto come consolazione universale, indipendentemente dal tipo di malessere del bambino, quest’ultimo crescerà confuso ed incapace di distinguere il suo senso di fame da quello di sazietà, il suo bisogno di mangiare da altri stati di tensione.
La strumentalizzazione dell’offerta di cibo, il suo utilizzo come premio-punizione rispetto ai comportamenti “buoni” o “cattivi” del bambino e la proposta di cibo antecedente ad una richiesta nutrizionale più o meno esplicita da parte del piccolo, rientrano tra i comportamenti disfunzionali della madre nell’interazione con il bambino.
Alla luce di questo, cosa è importante sapere per poter prevenire o comunque limitare l’insorgenza dell’obesità infantile? Quali informazioni possono essere utili ad una donna in gravidanza e successivamente, ad una neomamma?
- È fondamentale acquisire sane abitudini alimentari già durante la gestazione:
numerosi risultati scientifici confermano che l’obesità in gravidanza, favorisce la comparsa di obesità infantile; è importante perciò che una donna in dolce attesa, riceva dal proprio ginecologo un sostegno anche in questo senso, ovvero delle indicazioni alimentari che le possano consentire di contenere l’aumento di peso. È interessante sapere, inoltre, che il primo approccio ai sapori risale alla vita intrauterina e che l’esistenza di una memoria olfattiva orienta il neonato verso gli alimenti consumati dalla madre. Tali evidenze dimostrano quanto i comportamenti alimentari assunti dalla madre durante la gravidanza e nelle prime settimane di vita del figlio, siano importanti rispetto alla scelta e alla predilezione del bambino verso determinati cibi, sia nella prima infanzia che in epoche successive.
- L’allattamento al seno, per 6 mesi o più (ovviamente laddove ce ne siano i presupposti), costituisce un fattore protettivo rispetto all’insorgenza dell’obesità infantile. Vediamo perché:
– Per il ruolo della leptina, un ormone contenuto nel latte materno che regola l’assunzione di cibo e il metabolismo energetico.
– Per la varietà di gusto del latte materno che, in maniera continuativa a quanto accade nel corso della gestazione, predispone il bambino alla conoscenza di una vasta gamma di sapori che poi ritroverà nel corso dello svezzamento e in epoche successive.
– Infine, per il rapporto di fiducia che viene a crearsi all’interno della diade, poiché la mamma, allattando a richiesta, consente al bambino di autoregolarsi sull’apporto di latte ricevuto basandosi sul proprio senso di sazietà.
- Una buona interazione precoce bambino-caregiver ed un’efficace comunicazione intra ed extra-familiare, possono avere un ruolo protettivo rispetto allo sviluppo dell’obesità infantile.
È quindi importante che le mamme non abbiano il timore di chiedere quante più informazioni possibili al riguardo: durante la gestazione, ma anche nel post-parto, i suggerimenti e le indicazioni di esperti nel settore, potrebbero rappresentare un utile supporto, poiché più la mamma si sente sicura e meno giudicante verso se stessa, più si sentirà libera di interagire con il piccolo in modo naturale e sereno.
La madre, come principale figura di accudimento, rappresenta l’esperienza fondamentale del bambino e la sua disponibilità a contenere, proteggere e rassicurare il piccolo (specie nelle prime fasi di vita), può incidere in maniera significativa sull’immagine che questo avrà di sé. Il bambino ha un forte bisogno di essere visto ed accettato per ciò che e ed è attraverso lo sguardo dell’altro (un Altro che sia per lui significativo!) che egli riceve risposta a questa sua esigenza. Un bambino che non si sentirà accolto e contenuto da quello sguardo, avrà delle difficoltà a definire chiaramente l’immagine di sé e tenderà a sviluppare una sorta di dipendenza dalla figura materna. In un contesto simile, il corpo grasso può configurarsi come un messaggio di aiuto ed una richiesta di essere visto. Non solo: recenti indagini rivelano che nelle famiglie di bambini obesi, spesso si strutturano della dinamiche familiari tali da vincolare il piccolo in un contesto di isolamento rispetto alla realtà esterna, stretto in una relazione esclusiva con un madre tendenzialmente iperprotettiva. Tale condizione d’isolamento, non può che rinforzare il ruolo del cibo come principale veicolo comunicativo tra i membri della famiglia, in particolare tra la mamma ed il bambino.
Quanto detto non ha l’obiettivo di stabilire una relazione causa-effetto tra le dinamiche relazionali tipiche delle famiglie di bambini obesi e i comportamenti alimentari disfunzionali di questi ultimi, né vuole essere un atto di colpevolizzazione verso la figura materna, semplicemente vuole sottolineare quanto sia importante, di fronte ad un fenomeno complesso come l’obesità infantile, intervenire su più fronti, considerando il bambino nella sua globalità (aspetti psicologici, organici, sociali) e prestando un’attenzione particolare al suo contesto familiare.
Articolo a cura della dott.ssa Sara Belli