Come affrontare il tempo dell’emergenza e della crisi
In queste ultime settimane il diffondersi del Coronavirus ci ha messi di fronte ad una emergenza ed ha provocato una crisi.
Di questa situazione si è parlato molto, in termini medici, economici e politici che scelgo di non analizzare, poiché ritengo fondamentale che ognuno si attenga al proprio sapere, al proprio campo professionale di pertinenza, in modo da non creare nelle persone uno stato di confusione e disorientamento nel momento in cui vengono date molte informazioni da chiunque e spesso in modo discordante. Quello che ci impone il Coronavirus è di confrontarci con l’emergenza. Le situazioni come queste, da un punto di vista psicologico, vanno a stimolare la parte di noi più antica ed ancestrale: ci sentiamo improvvisamente minacciati nella nostra salute, vita, possibilità di raggiungere le risorse primarie. Il panico, la paura e l’ansia sono emozioni che si scatenano, a volte anche in maniera violenta, nei momenti di crisi, laddove sentiamo che la nostra sopravvivenza viene messa a rischio. L’emergenza e la crisi, in realtà, fanno parte del processo fisiologico della nostra esistenza: l’imprevisto è quasi sempre la regola, più che l’eccezione, anche se il nostro cervello che ha il compito di guidarci, ci impone di pensare a schemi regolari, fissi che ci diano un senso di sicurezza e ci facciano sentire efficaci quando ci muoviamo nel mondo.
Quando analizziamo l’emergenza da un punto di vista psicologico, dobbiamo tenere conto di due aspetti fondamentali:
- Le emozioni che vengono suscitate e come gestirle
- Cosa ci può insegnare una situazione di emergenza in modo che noi possiamo diventare più efficaci costruendo delle nuove risorse.
Il termine emergenza, come il verbo emergere dal latino ex- e mergere (sommergere), vuol dire una circostanza improvvisa, imprevista , una situazione critica e pericolosa. La crisi, invece, dal latino crisis, ha a che fare con un momento particolare che può dare esiti positivi o negativi. Ora, quando queste due parole entrano a far parte della nostra vita, accade perciò qualcosa di improvviso, sconosciuto, imprevisto, emergente e pregnante, che non conosciamo: l’ansia, la paura e lo stress sono emozioni a tal riguardo, fisiologiche ed adattive.
Le emozioni, infatti, anche quando noi le riteniamo spiacevoli, hanno il ruolo di farci adattare il meglio possibile al nostro ambiente che cambia, che muta di necessità, rompendo degli schemi acquisiti, per costruirne di nuovi e migliori, che ci consentano quindi maggiori probabilità di sopravvivenza. In un momento in cui sentiamo minacciata la nostra incolumità fisica e, quindi addirittura la nostra sopravvivenza, potrebbe capitare che nella fretta della riorganizzazione ci siano dei comportamenti apparentemente poco razionali: la negazione, oppure la convulsiva ricerca di provviste. Questi comportamenti, in tempi antichi, avranno in qualche modo protetto i nostri antenati, consentendo loro di aumentare le possibilità di sopravvivenza. Quando le persone negano l’emergenza, cercano di proteggere se stesse dalla paura, quando cercano di procacciarsi delle scorte di cibo, stanno cercando di garantirsi il bene primario per sopravvivere. Quando proviamo ansia, stress e paura, perciò, seguiamo un processo di normale reazione ad un evento critico sconosciuto e nuovo. Questo rende importante, una volta compreso il ruolo di queste emozioni, imparare a gestirle correttamente. Uno dei modi è quello di affidarsi alle fonti certe per avere delle notizie. In questo modo la nostra paura può concentrarsi su aspetti reali dell’emergenza: internet, i media, ci espongono invece spesso ad una moltitudine di informazioni contrastanti e non sempre veritiere aumentando il nostro senso di inefficacia, incontrollabilità e sopraffazione. Possiamo perciò riconoscere lo stato d’animo che proviamo, accoglierlo come transitorio ed adattivo, una risposta naturale ad un
momento difficile, che assolto il tuo compito, potrà tornare alla normalità. Questo può fare la differenza tra la paura adattiva, razionalizzata, lucida, che ci aiuta ad esercitare dei comportamenti prudenti, dal cieco terrore che, invece, è disorganizzato, afinalistico e perturbante. Ogni situazione di crisi, come ci dice anche l’etimologia (ed in essa troviamo sempre il significato più profondo delle cose, la radice del senso emotivo ed intimo che diamo alle parole), ha un valore di rottura, è vero, ma non preclude che gli esisti della rottura siano positivi.
In questo momento ci troviamo in una situazione estremamente delicata, che richiede rispetto e sensibilità per le persone che hanno contratto il virus purtroppo non sempre con esiti di guarigione. La grande maggioranza di noi si trova ad affrontare anche un momento di crisi economica, avendo sospeso le attività lavorative, ma anche di crisi emotiva e relazionale: i nostri contatti con gli altri sono, giustamente ed in maniera preventiva, ridotti, starati, privati della loro naturale fisicità e vicinanza.
Questi momenti possono essere utilizzati per capire diversi aspetti di noi, che nella corsa frenetica quotidiana dimentichiamo, o non abbiamo il lusso, di analizzare.
1- Il valore del tempo. Siamo diventati esseri produttivi, sociali complessi, che vivono in una società dove “il tempo è denaro”, “chi ha tempo non aspetti tempo”. Insomma corriamo sempre e costantemente per mantenere una vita che sia dignitosa. Il tempo fino ad ora saturo di impegni, lavoro, stress, improvvisamente viene svuotato e noi non sappiamo più che farcene, non riusciamo a trovare in questa dimensione altro che la sfera della produttività. È curioso che ognuno di noi si sentisse come un criceto a correre ogni giorno tra mille impegni, agognando del tempo ed improvvisamente, quando la ruota si ferma di botto, scoprire che del nostro tempo non sappiamo più che farcene, come riempirlo laddove non si può più farlo con la produttività, con il denaro. Questo stop forzato, perciò, può insegnarci a riconsiderare il tempo come una dimensione di accrescimento personale, arricchimento emotivo, riscoperta dello stare fermi, con noi stessi, in silenzio a conoscerci come persone.
2- Il valore della relazione. La relazione con gli altri, altro elemento che nella nostra folle corsa giornaliera abbiamo un po’ distorto e confinato rendendolo più superficiale, oggi ci viene in qualche modo sottratto. Ora siamo obbligati a non vederci, non abbracciarci, stringerci, baciarci. Proprio ora che questi atti di contatto con l’altro ci mancano totalmente, possiamo comprendere la distanza che abbiamo interposto gli uni con gli altri, quanto, nella realtà, già mancasse qualcosa di fisicamente appagante al nostro essere insieme con l’altro. Gli abbracci torneranno, potremo di nuovo baciarci e stringerci la mano… ma questo momento di crisi può davvero insegnarci a rivalutare il senso del contatto con un altro essere umano, l’unione dei nostri confini che è il solo tramite per sentirci umani, accettati, compresi, meno soli… ci sono sensazioni che solo in un abbraccio con l’altro si possono attivare.
3- Fare il punto della nostra vita. Quando manca il tempo, quando siamo soli nella nostra corsa quotidiana, è facile sfuggire a noi stessi. Spesso gli impegni convulsi e sfrenati, oltre che necessari, sono un mezzo attraverso cui silenziare, relegare, e soffocare il nostro essere, i nostri bisogni, disconoscendo quello che siamo e che realmente vogliamo. Quando intorno a noi si crea la solitudine, il tempo si dilata enormemente, il nostro correre si arresta, si crea lo spazio per far emergere tutto quello che abbiamo sopito: possiamo conoscere noi stessi, ascoltarci fino in fondo come non facevamo da tempo. Conoscerci ci permette di fare il punto rispetto a chi siamo, a cosa vorremmo raggiungere per noi stessi, di chiederci se siamo dove avremmo voluto e se ci siano delle direzioni diverse da prendere. Lo spazio in cui ci si ferma, fisicamente e mentalmente, può essere uno spazio di grande movimento interiore, di grande consapevolezza, di attività emotiva intima di connessione con noi stessi.
4- Mangiare meglio, dedicarci al nostro corpo. Lo spazio ed il tempo dilatato ci consentono di dedicarci anche al tempio della nostra anima, il corpo. Attraverso il corpo viaggiamo nel mondo, siamo in relazione con l’altro, captiamo l’ambiente esterno e attiviamo i nostri sensi analizzando le situazioni che viviamo: esso è molto più di un mero contenitore da rendere bello in base alle richieste della società. In questo momento di stasi, il corpo, come la casa, è lo spazio che possiamo ripulire, curare, defaticare, ascoltare e comprendere. Connetterci con noi stessi e le nostre esigenze, sfruttare il tempo lento, possono essere l’occasione di mangiare in modo sano, fare esercizio in casa, o all’aperto rispettando le direttive imposte dalle autorità in modo da proteggerci, ed imparare ad abitare questo tempio in modo amorevole, nuovamente consapevole ed autocentrato. Ora possiamo guardarci attraverso i nostri occhi, non in base all’immagine che l’altro ci rimanda di noi.
5- Fare tesoro di quello che siamo costretti ad imparare. Quando ci sentiamo minacciati come genere umano, sentiamo la nostra piccolezza e la nostra vulnerabilità, possiamo riflettere su aspetti più profondi del nostro vivere. In queste circostanze possiamo decidere se abbruttirci, renderci infimi, inumani, rabbiosi, polemici e lasciarci trascinare dal senso della disperazione o dell’ingiustizia che sentiamo esserci capitata, oppure possiamo elevarci riscoprendo valori come la solidarietà, l’appartenenza al genere umano ed alla società, nella quale in realtà abbiamo tutti lo stesso valore, tutti la stessa voglia di sopravvivere in maniera dignitosa, proteggendo noi stessi ed i nostri figli. In questi momenti, la malattia, la crisi e l’emergenza, ci costringono a fare i conti con il fatto che esistono delle circostanze in cui siamo tutti uguali, al di là dei confini economici, politici, religiosi e geografici: tutti siamo vulnerabili allo stesso modo, la paura non fa distinzioni, così come la malattia. Questi momenti di grande riflessione, personale e sociale, possiamo decidere di sfruttarli e metterli a disposizione per essere persone migliori anche quando l’emergenza sarà sopita.
Per tutti questi motivi, anche le persone più equilibrate, potrebbero sentire di vivere un momento di difficoltà di fronte a tutto quello che sta accadendo, poiché vengono meno gli argini a cui fino ad ora ci siamo aggrappati, come il lavoro, la stabilità economica, il riempirci il tempo imparando a non ascoltarci. La crisi e l’emergenza impongono nuove regole, le nostre, conosciute fino a pochi giorni fa non funzionano più, ma non vuol dire che attraverso la rottura non possiamo raggiungere un nuovo equilibrio, forse anche più sano ed efficace.
Mentre l’emergenza contiene aspetti per definizione incontrollabili, noi possiamo scegliere di controllare in che modo utilizzare un tempo difficile per renderci migliori… questo dipende solo da noi.
Articolo a cura della dott.ssa Anastasia Zottino.