Realtà virtuale e trattamento dei disturbi di ansia

La Psicologia Digitale si definisce come la “disciplina che valuta come e quanto il nostro comportamento e i nostri stati psicologici siano influenzati dai nuovi media, e prende in esame il modo in cui la tecnologia può essere progettata, così da completare e integrare le potenzialità e le debolezze degli esseri umani” (Riva, 2014).

I recenti progressi delle tecnologie digitali in termini di accessibilità, efficienza, velocità e facilità di utilizzo per gli utenti hanno modificato radicalmente la dinamica che caratterizza le relazioni umane.La realtà virtuale (VR) è un medium tramite cui l’utente ha la sensazione di essere collocato fisicamente nel mondo virtuale che lo circonda, ma soprattutto di avere la possibilità di poter interagire con quel mondo: l’utente è agente attivo nella sua esperienza, grazie alla tecnologiaimmersiva.

Il primo prototipo, il Sensorama, fu inventato agli inizi degli anni ’60 da Heiling, mentre fra gli anni ’70 e ’80, questa tecnologia venne adoperata in ambito militare per l’addestramento dei piloti.Negli anni ’90, si è visto un ampliamento dell’utilizzo in numerosi settori, dall’ingegneria alla medicina.La ricerca ha ripreso vita con gli anni 2000, periodo in cui vengono stilate le nuove linee guida per l’impiego in ambito terapeutico e approfondite le caratteristiche e le potenzialità nell’ ambito della ricerca sperimentale.Dal 2010, la VR vede un rapido sviluppo, grazie alla nascita di device commerciali portatili e dai costi sempre più contenuti.Nel 2014, Samsung e la Oculus VR hanno sviluppato il Gear VR, un visore che funziona mediante smartphone: è l’era della VR in ambito consumer.

Ad oggi, è una tecnologia accessibile a tutti, a fronte di investimenti sempre meno impegnativi.

Esistono 3 tipi di realtà virtuale:

  • Immersive Virtual Reality: favorisce un’intensa sensazione di engagement e immersività, grazie alla possibilità di interazione con gli elementi che compongono il mondo virtuale;
  • Non-Immersive Virtual Reality: manca l’immersività, è un’esperienza di un ambiente virtuale fornita mediante monitor
  • Augmented Reality: prevede la sovrapposizione di immagini generate dal computer con quelle reali, variando il numero di informazioni che possono essere apprese.

La realtà virtuale utilizza la tecnologia per creare un mondo simulato che le persone possono manipolare e esplorare come se fossero effettivamente lì.

Più semplicemente, cerca di prevedere le conseguenze sensoriali dei movimenti, mostrando la stessa scena che si vedrebbe nel mondo reale.In particolare, l’hardware VR tiene traccia del movimento dell’utente, mentre il software2 VR regola le immagini sulla schermata dell’utente, per mostrare i cambiamenti prodotti dai suoi movimenti nel mondo virtuale.Per ottenere questo risultato, come il cervello, il sistema VR mantiene un modello (simulazione) del corpo e dello spazio circostante.

Ovviamente, per essere realistici, il modello VR cerca di imitare il più possibile il modello cerebrale: più il modello VR è simile a quello cerebrale, più gli utenti si sentono presenti nel mondo VR e immersi al 100%. La realtà virtuale immersiva prevede l’uso di alcune periferiche, come un dispositivo di visualizzazione (casco o visore), uno o più sensori di posizione e di movimento (tracker), cuffie per audio sterofonico, un joystick o data gloves (guanti che permettono l’interazione col mondo virtuale).

man-sitting-on-bench-1666779La presenza e l’utilizzo di queste periferiche incide in modo significativo su senso di presenza, immersività e trasparenza del medium: il senso di presenza è dato dalla possibilità di offrire all’utente sensazioni quanto più vicine a quelle che sperimenterebbe nel mondo reale, tanto da perdere consapevolezza della mediazione della tecnologia; l’immersività è la capacità dell’ambiente di assorbire i sensi, coinvolgendo le capacità percettive e cognitive dell’utente, isolandolo, parzialmente, dal mondo reale; la trasparenza è legata al fatto che l’interazione con un ambiente virtuale generi un’illusione percettiva, in cui i sensi dell’utente sono stimolati al punto da permettere lo sviluppo di modelli cognitivi e emotivi coerenti con l’ambiente che si sta sperimentando, così da non avere in parte la percezione del medium e da rispondere alle stimolazioni come se il medium non esistesse.

Il trattamento dei disturbi d’ansia e delle fobie basato sull’intervento cognitivo-comportamentale prevede come tecnica d’elezione la Desensibilizzazione Sistematica, sviluppata da Joseph Wolpe nel 1958, consiste nell’esporre, in vivo o in immaginazione, il paziente gradualmente allo stimolo fobico, con l’obiettivo di associare all’ansia una risposta che la contrasti.

Le tecniche basate sulla VR sono ideali per la terapia dell’esposizione, in quanto il senso di presenza sperimentato nella VR offre l’opportunità di immergere il paziente nell’ambiente temuto che viene adattato ad aspetti specifici delle sue strutture di paura.

Uno dei benefici connessi all’utilizzo della VR in ambito psicoterapico deriva dalla possibilità di manipolare molte delle variabili dello scenario in cui si immergerà il paziente: nell’esposizione in virtuo, i protocolli possono essere controllati, ripetuti, tarati ad hoc sulle necessità del paziente; gli stimoli possono essere presentati gradualmente e settati per intensità, durata e frequenza (ad esempio, per chi ha paura dell’altezza è possibile variare l’altezza del palazzo su cui ci si troverà nell’esperienza virtuale).

1La possibilità di ricostruire virtualmente scenari anche complessi permette a chi la utilizza di acquisire i prerequisiti necessari prima di impegnarsi nel compito target: siccome la simulazione è altamente realistica, coinvolgente, sicura e controllabile, favorisce anche l’incremento della motivazione e dell’autostima, incentivando poi l’utente a prepararsi per trasferire l’apprendimento nel mondo reale.

La VR non si pone come uno strumento sostitutivo dei tradizionali metodi a disposizione del terapeuta, bensì ne rappresenta una valida integrazione, da tenere in considerazione a seconda delle peculiarità del singolo caso.

Un limite di sicuro è connesso al fatto che ad oggi solo un numero ristretto di persone abbia familiarità con l’utilizzo della tecnologia necessaria per l’impiego della realtà virtuale in ambito clinico e che sia necessario un approfondimento per quanto riguarda la modifica degli ambienti virtuali disponibili, così da poter agire su tutte le variabili in accordo con le esigenze specifiche di tutte le tipologie di pazienti.

Appare però fondamentale, visti i cambiamenti tecnologici attuali che stanno avendo un impatto a livello professionale, sociale e culturale, approfondire le ricerche e valutare come i vantaggi offerti da questo tool possano arricchire la psicoterapia cognitivo-comportamentale.

“Non è necessario rinunciare al passato per entrare nel futuro.Quando si cambiano le cose non è necessario perderle.’’ (John Cage)

Articolo a cura della Dott.ssa Chiara Grimaldi Lattari

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