Un equipaggio di sei perfetti sconosciuti
Di ritorno da un bellissimo viaggio in barca a vela e dopo averlo promesso al mio equipaggio, ho deciso di scrivere un articolo partendo proprio dalla mia esperienza personale, cosa che non faccio spesso, ma che stavolta merita un’eccezione. Quello che leggerete vuole essere un piccolo manuale di bordo, dedicato ai miei compagni e a tutti quei naviganti che si mettono in viaggio da soli, ma che sono disposti a condividere, con gli altri che incontreranno, qualcosa di sé. Quando ho deciso di partire da sola con persone che non conoscevo mi hanno dato della “coraggiosa”, addirittura della “temeraria”. Aggettivi che mi hanno fatto sorridere perché non c’è nulla di più facile, per me, che togliere le scarpe e salire su una barca. Era un appuntamento a cui mancavo da tanto tempo ed è stato un po’ come tornare a casa; una casa che con il passare delle ore si è animata di volti nuovi, tutti da conoscere e da scoprire.
Questo personalissimo manuale di bordo non può che partire quindi dalle persone che ho conosciuto a bordo e che difficilmente avrei incontrato altrimenti e dalla storia che abbiamo costruito insieme. Una piccola indicazione che mi sento di dare, utile in questo caso, ma da applicare sempre, è quella di abbandonare ogni aspettativa, così da arrivare all’altro senza preconcetti.
L’aver scelto la stessa tipologia di vacanza non sempre è indice di affinità. Se per me la vita in barca racconta una storia fatta di salsedine, notti alla fonda e cieli stellati, non posso dare per scontato che sia così anche per gli altri. Non so quali scelte o quali circostanze abbiano portato i miei compagni di viaggio a bordo, so solo che ciascuno di loro è arrivato con un bagaglio e con una storia e, se il bagaglio deve essere facilmente stivabile, le storie personali non sempre lo sono.
Un equipaggio affiatato non nasce quindi per il semplice fatto di condividere la stessa barca, ma da un processo articolato che avviene per gradi. Io ho avuto la fortuna di trovare belle persone, aperte e dinamiche, sei anime sconosciute disposte a mettersi in gioco, ciascuna con la propria storia.
LA PRIMA SFIDA E’ STATA LA CAMBUSA. Accordare sei regioni e sei palati sarebbe stato molto più difficile se non avessimo avuto uno chef nell’equipaggio. Un toscano dalle mani d’oro che ha pensato e preparato per noi piatti meravigliosi e il cibo, soprattutto se cucinato con amore, unisce e crea convivialità. LA SECONDA SFIDA E’ STATA LA CAPACITA’ DI ADATTAMENTO DI CIASCUNO AD UNO SPAZIO CONDIVISO. Adattarsi e avvicinarsi all’altro sono due processi che non necessariamente muovono insieme, ma noi abbiamo avuto la capacità iniziale di essere discreti, prendendo i giusti tempi e le giuste misure. Abbiamo cominciato ad ascoltare e a parlarci, avvicinandoci con curiosità e discrezione al mondo dell’altro, favorendo così la creazione di un buon clima. Infatti il vantaggio della barca a vela, nel rompere i normali schemi di pensiero e di comportamento, sta nell’accelerare il processo relazionale, facendo emergere dinamiche individuali e di gruppo in tempi relativamente brevi. LA TERZA SFIDA E’ STATA LA COMUNICAZIONE. Non è stato sempre facile, non lo sarebbe stato in nessun contesto simile, ma siamo stati bravi a riformulare, ciascuno a suo modo e secondo le proprie caratteristiche personali in modo da rendere la comunicazione efficace e funzionale. Qualcuno è stato più bravo di altri. Un ragazzo trentino ci ha regalato questa preziosa massima “Prima pensa poi parla perché parola poco pensata può produrre pentimento”. Un’altra indicazione utile in questo caso, ma applicabile sempre. LA QUARTA SFIDA E’ STATA LA FLESSIBILITA’, ALLE SITUAZIONI E ALLE PERSONE. Equilibrio, tolleranza e ragionevolezza sono tutti sinonimi di flessibilità e richiamano capacità sia cognitive che emotive. Non sempre è facile mostrarsi tolleranti davanti a determinati comportamenti o parole, soprattutto se vanno a sollecitare le emozioni. Alcuni tra i miei compagni di viaggio si sono rivelati molto flessibili e questo ha reso più facile muovere e ripristinare gli equilibri. La flessibilità sta anche nel darsi il tempo necessario per conoscere e per capire chi abbiamo davanti, adattando il proprio tempo ai ritmi della barca, proprio come il corpo naturalmente si adatta al suo movimento oscillatorio. LA QUINTA SFIDA E’ STATA LA CAPACITA’ DI DISINNESCARE POTENZIALI DINAMICHE CONFLITTUALI. Ovvero non precipitare, non mettersi sulla difensiva, non irrigidirsi, ma darsi la libertà di scegliere e di aprirsi a soluzioni nuove e alternative, cosa possibile solo dopo aver superato le precedenti sfide e aver trovato le strategie necessarie per preservare un equilibrio generale, creando così un clima disteso. Inizialmente non tutte le strategie messe in campo sono state efficaci e non tutte hanno attinto dall’esperienza, c’è qualcuno che ha saputo leggere attentamente il contesto tanto da saperne creare di nuove, adattabili e funzionali sia alla situazione che alle persone. La barca ha un duplice vantaggio, da una parte attiva risorse e potenzialità che non si pensava di possedere, ma che compaiono spontaneamente nella gestione delle emergenze, dall’altra fa emergere criticità e zone d’ombra.
Il vero viaggio di scoperta sta quindi nelle persone e nelle dinamiche che si instaurano con il passare del tempo e noi siamo stati davvero bravi a creare e a mantenere un buon clima.
Difficile dire quale sia stato il bagaglio dei miei compagni di viaggio all’arrivo, più facile immaginare quello con cui sono andati via.
C’è chi ha condiviso molto della sua storia personale e ha colto pienamente le possibilità che la barca riserva, si è messo in gioco, si è divertito e alleggerito al tempo stesso. Chi ha condiviso meno, mantenendo però sempre un comportamento corretto e collaborativo, mostrando un animo allegro e un pensiero flessibile, facilitando così un sano spirito di gruppo. Chi ha condiviso poco, scegliendo di non allontanarsi troppo dalla propria zona di comfort, scelta forse dettata da un preciso bisogno personale. Chi aveva urgenza di condividere, di fare, di dare e di comunicare, un’urgenza traboccante, ricca di attenzioni per l’altro e capace di sollecitare la parte più sensibile di ognuno. Chi ha saputo coniugare intelligentemente i propri spazi personali alle esigenze del mantenimento di un buon equilibrio generale, dimostrando che si può godere delle proprie vacanze nel pieno rispetto del luogo e delle persone. In ultimo, c’è chi, come me, è salito a bordo per ritrovare l’emozione della vita in barca, incuriosita, forse per deformazione professionale, da tutte le possibili dinamiche che si sarebbero potute sviluppare e che, in linea con il mio modo di essere, sarei stata stimolata ad affrontare. Se e come ci sono riuscita non sta a me dirlo.
E’ stata una bella esperienza, che consiglio a tutti quelli che amano il mare e che vogliono mettersi in gioco. Se deciderete di farla, vi auguro di trovare uno skipper come il nostro, competente, simpatico e gaudente.
Articolo a cura della Dott.ssa Nicoletta Remiddi
Brava Nicoletta Remiddi! Bell’articolo