Gravidanza tra falsi miti e realtà
Il periodo della gravidanza spesso è oggetto di falsi miti, e di molte e molte indicazioni circa il comportamento e le sensazioni che la mamma dovrebbe provare.
Sebbene sia vero che la gravidanza non sia una malattia, è importante riconoscere e valorizzare tutte le particolarità di questo periodo di vita che, certamente, non può essere paragonato a nessun altro. In nessun altro momento il corpo e la mente vengono cambiati e ristrutturati come nel periodo della gravidanza.
Quando una donna resta incinta, diversi meccanismi si muovono dentro di lei, si attivano aspettative, sogni e paure, il rapporto di coppia inizia a trovare nuove misure relazionali per accogliere un nuovo essere umano nella famiglia, con le sue necessità e le sue caratteristiche; la famiglia intera si riorganizza poiché i neogenitori lasciano il ruolo di figli ed acquisiscono all’interno della dinamica familiare un posto nuovo, anche essi sono genitori ed ora qualcuno dipende dalle loro scelte. Trovo che spesso, figlie di una società che ci vuole rampanti, belle, magre, in carriera ma anche casalinghe e mamme perfette, il periodo della gravidanza rischi di essere investito da queste mille aspettative, decentrando l’attenzione da quello che la coppia e la mamma provano, per lasciare spazio a tutte le pressioni su come si dovrebbe essere,su quello che si dovrebbe provare.
Le pressioni sociali in questo senso sono molto precise: intanto una donna deve essere madre (lo sanno bene le trentenni che durante gli eventi sociali si sono sentite chiedere da ogni persona, anche non ben conosciuta, quando avranno un figlio… vi siete mai chiesti se queste donne desiderano un figlio?), e quando è incinta deve essere così dolce e carina, grata in ogni momento, quasi investita da uno stato di grazia, senza mai lamentarsi neanche delle scarpe che non riesce più a infilarsi, figuriamoci ad allacciare, e non deve mai e poi mai sentirsi stanca, mai e poi mai deve avere un dubbio, o parlare di aspetti pratici e meno rosei della gravidanza, come non riuscire ad entrare più nella doccia minuscola che fino a ieri andava bene o la stanchezza di non poter vedere neanche il cibo senza vomitare.
La mamma viene poi imbevuta di tutte quelle leggende popolari che vogliono che la donna non si tocchi se desidera un cibo particolare, altrimenti per colpa sua il bambino nascerà con delle macchie sulla pelle. Le mamme devono mangiare per due (scusatemi, ma com’era anche l’altra storia di rimanere magre? La vedo un po’ incompatibile), non può assolutamente fare esercizio fisico. La futura mamma deve assolutamente allattare, altrimenti che madre è. Non si può fare sesso in gravidanza, bisogna bere latte per far venire il latte… insomma chiunque abbia avuto un figlio sa benissimo che anche il viandante che incontri per caso avrà sicuramente un ottimo consiglio da darti su come prenderti cura del tuo pancione e del tuo bambino poi. Sono tutte piccole goccioline che riempiono un vaso pesante che alla mamma e al papà non serve, un peso decisamente inutile, privo di indicazioni realmente pratiche. Facendo così appesantiamo la coppia che si appresta ad avere un figlio, non solo perché i luoghi comuni sulla gravidanza e la genitorialità sono
stati spesso smentiti da verità scientifiche, ma anche perché riempiono uno spazio di conversazione senza lasciare la possibilità all’espressione o alle domande genuine delle persone che aspettano un figlio. Se mettessimo sulla bilancia i consigli che vengono dispensati gratuitamente, peserebbero certo di più delle volte in cui alla mamma con il pancione è stato chiesto semplicemente come stia.
I recenti fatti di cronaca, però, ci portano a fare un passo indietro, a considerare che la maternità oggi rischia di essere trattata con troppa superficialità, con troppa freddezza e troppo distacco, lasciando la donna da sola, in balia dei cambiamenti e delle sue sfide, come se tutto il mondo dovesse poggiare su di lei e lei debba essere perfetta, forte, non le può essere concessa una coccola, un riguardo o un momento di cedimento. Giorni fa ho letto su un social una bella lettera, riguardava le parole delle mamme, e sottolineava come quando una mamma lamenta di essere stanca, sta semplicemente dicendo che è affaticata, senza per questo rinnegare la propria maternità, o i propri figli. Normalizzare tutto questo, concede alle donne uno spazio di ascolto, in cui poter esprimere anche le proprie fatiche, i propri dubbi e perplessità, senza per questo sentirsi giudicate, come donne e mamme orrende, insensibili, deboli. Molte persone dicono che le donne, in tempi antichi, partorivano, crescevano i figli, senza fare tante storie. Intanto di questo non possiamo essere certi, il presunto silenzio di queste donne non è equivalente alla certezza circa il loro benessere. Ma se ci pensiamo realmente, neanche questo è vero. Le donne facevano parte di una famiglia allargata, dove si conviveva con sorelle, zie, nonne, madri e suocere, tutte donne “anziane” che erano pronte a sostenere e lasciare spazio alla nuova mamma, occupandosi non del bambino, ma aiutando a svolgere i mestieri di casa, per esempio, o altre incombenze pratiche. Il figlio era figlio non solo della diade, ma di tutta la famiglia allargata, in un contesto in cui la coppia era inserita nel tessuto sociale ed affettivo della famiglia. Credo che questi fenomeni, come anche quello delle mamme pancine, di cui ha scritto la collega Sara Belli, evidenzino un grande senso di vuoto, di solitudine, e di mancanza di informazioni che, paradosso dei nostri tempi, investono le coppie e le donne che si apprestano ad avere un figlio. Penso che sia molto semplice puntare il dito e pensare che una donna sia inadeguata, ed è per questo che è capitato a lei di perdere la testa, è lei la mamma che ha dato i numeri, e che non possa capitare a nessuna di noi…in questo modo ci proteggiamo dalla paura di essere anche noi fragili, anche noi delle semplici donne che cercano di fare del loro meglio senza avere la certezza di quello che fanno, andando per tentativi, imparando giorno dopo giorno ad essere mamme.
Supportare la maternità significa dare il permesso di scegliere e di parlare, di esprimersi anche quando c’è qualcosa di scomodo da dire, che esula dalle nostre fantasie di perfezione circa l’aspettare un figlio.
Supportare, perché nessuno realmente sa come si faccia il genitore, ed ogni situazione va rispettata con delicatezza, riconoscendo che non esistono soluzioni preconfezionate che vanno bene per tutti. La salute della coppia e della futura mamma passano attraverso l’accettazione, l’ascolto, il riconoscimento che si sta vivendo una fase di vita bellissima, ma anche impegnativa.
Articolo a cura della Dott.ssa Anastasia Zottino