Il codice rosso: una nuova forma di tutela
Dal luglio 2019 è stata pubblicata la Legge 19 luglio 2019, n. 69 recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”, denominata “Codice Rosso”. L’intervento del legislatore è mirato ad ampliare la tutela dei cosiddetti soggetti deboli, con particolare attenzione all’uso dei mezzi informatici. Di particolare interesse sono le nuove disposizioni di diritto penale sostanziale, così come ulteriori di indole processuale.
Tra i nuovi reati introdotti troviamo il REVENGE PORN, ovvero il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate. La legge prevede la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5mila a 15mila euro: la pena si applica anche a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video, li diffonde a sua volta per provocare un danno agli interessati.
Dunque il soggetto che, dopo averli realizzati o sottratti, diffonde, senza il consenso delle persone interessate, immagini o video sessualmente espliciti, destinati a rimanere privati, inoltre la fattispecie è aggravata se i fatti sono commessi nell’ambito di una relazione affettiva, anche cessata, ovvero mediante l’impiego di strumenti informatici. Invero, stante l’ampissimo utilizzo che la società moderna fa di tali strumenti, è verosimile ritenere che la quasi totalità della casistica riguarderà la fattispecie aggravata, relegando l’ambito di applicazione delle fattispecie semplici alle residuali ipotesi di diffusione di fotografie su supporto cartaceo o volantini e similari.
Ma entriamo nello specifico, cosa si intende quando si parla di revenge porn. Il fenomeno è legato a quello del sexting, ovvero lo scambiarsi contenuti piccanti attraverso smartphone e computer, di tendenza, soprattutto tra i più giovani.
Il sexting si basa sulla libera volontà delle parti di scambiarsi messaggi di un determinato tipo e non costituisce un illecito. Risulta diverso quando il contenuto sessualmente esplicito contenuto nelle immagini o video venga divulgato a terzi senza il consenso di chi è ritratto, in questa ipotesi si configura il reato di revenge porn. La condotta sanzionabile è quella posta in essere mediante l’assenza del consenso e della disponibilità del contenuto che viene messo in circolazione. La legge punisce la diffusione illecita di immagini o di video sessualmente espliciti, sottoponendo alla stessa pena sia chi ha diffuso il materiale perché lo aveva realizzato, (ad esempio il fidanzato che scatta alcune foto alla fidanzata e poi le pubblica), sia chi, entrato in possesso dei contenuti, contribuisca alla loro diffusione.
La legge dice che la stessa pena prevista per chi ha realizzato o sottratto le immagini compromettenti e le ha diffuse si applica anche a chi, ricevendo o acquistando le immagini o i video in questione li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di danneggiarli.
Da un punto di vista criminologico ci troviamo di fronte ad una forma avanzata di cyberbullisimo e il materiale pornografico può essere carpito in diversi modi:
– Mediante il «sexting» ovvero l’auto ripresa di immagini o video in pose intime da parte della vittima e successivamente inviate a terzi, anche mediante web cam;
– Mediante la ripresa delle immagini intime durante un rapporto sessuale con il consenso della vittima;
– Mediante la ripresa della vittima durante momenti intimi (rapporto sessuale, bagni pubblici, spogliatoi ecc..) con telecamere nascoste (spy cam);
– Attraverso l’hacking dello spazio cloud della vittima (icloud, gmail, microsoft space, ecc..) ovvero del dispositivo (smartphone, laptop, smartpad) anche con la consegna spontanea del dispositivo (es. invio di un pc o di un telefono in assistenza).
La situazione in Italia secondo la Polizia delle Comunicazioni sta raggiungendo picchi preoccupanti ed uno studio del 2018 dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza in collaborazione col portale skuola.net ha rilevato dati preoccupanti, anche tra i giovanissimi.
Il problema è sicuramente di natura socio-culturale, ossia i giovanissimi non hanno la percezione della gravità delle azioni descritte poiché il materiale potrà sempre essere reso pubblico danneggiando la sfera affettiva e psicologica di una persona anche a distanza di anni. Ed è qui che entra in gioco una anticipazione della tutela fondata su di un concetto semplice, ma efficace: il consenso. Certo rimane la possibilità che le immagini vengano trafugate o carpite illegalmente, tuttavia nella maggior parte dei casi la porno vendetta si attua con l’inconsapevole collaborazione della vittima.
Articolo a cura della Dott.ssa Cristina De Angelis, avvocato.