D’estate il dolore non va in vacanza

Aspettiamo l’estate tutto l’anno. Rimandiamo a questa stagione tanti buoni propositi. Investiamo tempo e aspettative nell’immaginare ciò che ci piacerebbe fare, scoprire, provare, recuperare. L’estate sembra la stagione della serenità. Ma come reagiremmo se tutte queste aspettative venissero soppiantate da un dolore, da una sensazione di malessere che non riusciamo a “tenere a bada”?

Ho deciso di dedicare questo articolo proprio a quelle persone che si rivolgono a noi in questo periodo dell’anno, quando la sensazione di dolore e disagio sembra divenire particolarmente intollerabile. Come durante le vacanze natalizie, anche in estate ho constatato un’enfatizzazione nella percezione della propria condizione di malessere.

 

donna-dentro-barattolo

Ma come è possibile star male proprio nel momento in cui abbiamo l’opportunità di fermarci e dedicarci a ciò che più ci piace e ci fa stare bene? Perché star male proprio nel momento in cui si ha la possibilità di dedicarsi con più attenzione a se stessi?

Sembra un paradosso, un fenomeno apparentemente poco comprensibile e controintuitivo, eppure a ben pensarci, la spiegazione è più semplice di quanto si possa immaginare.

945017_167756260054333_1789809171_n

L’estate  offre l’opportunità di ricaricarsi, riposare, rallentare dai ritmi pressanti dell’anno, consente di dedicarci ad attività piacevoli, come passeggiare, cucinare, leggere, fare nuovi sport, stare all’aria aperta, scoprire nuovi posti, nuovi gusti. L’estate facilita i rapporti interpersonali, consente di riservare più spazio e tempo a se stessi e agli altri.

Nell’immaginario collettivo avere tempo equivale a stare bene.

E se avere del tempo per sé mandasse in crisi? Ragioniamo su un aspetto: cosa significa realmente fermarsi? Consigliamo spesso, anche durante l’anno, di concedervi momenti di stop, di rallentare dagli affanni quotidiani, stare del tempo in vostra compagnia, prestarvi ascolto e chiedervi cosa sentite, dirvi con sincerità cosa provate. Spesso, invece, impegniamo le nostre giornate, ci districhiamo tra mille impegni e scadenze, rifuggendo la nostra realtà interiore. Organizziamo la nostra routine attorno a una rete fitta di attività mettendo a tacere sentimenti, sensazioni, dolori, dubbi e preoccupazioni. Ci concentriamo e controlliamo l’esterno per rifuggire l’interno. Ecco che allora, quando gli impegni rallentano, nel momento in cui l’idea culturale ci vorrebbe allegri e spensierati, arriva la crisi, arriva il dolore, un dolore che probabilmente non è nuovo, ma che ha finalmente trovato il suo spazio per manifestarsi.

In quei momenti ciò che avevamo immaginato di voler fare, quello che ci eravamo promessi di voler scoprire non ci entusiasma più, non produce l’effetto di benessere desiderato. L’estate fa così da cassa di risonanza rispetto alle proprie sensazioni negative, proietta l’attenzione su di sé, permette alle nostre emozioni di salire a un livello un po’ più alto, offrendo al contempo l’opportunità di vederle e prendercene cura. Fermarsi vuol dire SOSTARE che ora vorrei riscrivere come SO_STARE cioè riuscire a stare con quel che c’è in quel particolare momento della vita, prenderci cura delle nostre emozioni, dare loro la possibilità di esprimersi, qualunque esse siano.

65691121_474081839831964_6978032015473133044_n

Dirsi con estrema sincerità ciò che ci sta capitando, mostrarsi nella propria vulnerabilità rappresenta un primo, grande passo verso il cambiamento. Ammettere a se stessi di sentirsi fragili, non negare il proprio dolore, parlarne e chiedere aiuto denotano la presenza di una grande forza e di una delle risorse più utili alla propria evoluzione: l’autenticità. Essere autentici significa essere presenti a se stessi, mettersi a nudo, esprimere a chiara voce i propri vissuti, le proprie sensazioni. Dirsi la verità come punto di partenza per comprendere ciò di cui abbiamo bisogno e muovere verso di esso.

 

Articolo a cura della dott.ssa Sonia Pignataro.

Lascia un commento!