Un’epidemia di malati di bellezza
Quando la ricerca della bellezza ci costringe a non vivere.
Chi di voi legge i miei articoli, e segue le pubblicazioni del nostro network, ben sa che spesso mi sono dedicata all’immagine corporea, all’alimentazione, alla soddisfazione per il proprio aspetto ed all’accrescimento della propria autostima, anche rispetto la dimensione della bellezza.
Quando parliamo di aspetto fisico, c’è una linea di demarcazione ben precisa che dovrebbe guidare le nostre scelte: la salute. Quando ci dedichiamo al nostro aspetto fisico, alla cura di noi stessi, della pelle, dei capelli, ed allarghiamo il raggio di azione rispetto al solo peso corporeo, pensiamo di lavorare sempre nella direzione del nostro benessere e della nostra autostima. Questo in realtà non è necessariamente vero. Prenderci cura di noi stessi è un discorso molto ampio, a che fare con le nostre ambizioni, obiettivi di crescita personale, professionale, culturale…e non soltanto con i centimetri del nostro girovita e la tonicità delle nostre braccia. Quando investiamo così tanto tempo, energie, soldi e speranze per raggiungere il modello estetico che vorremmo essere, ci stiamo focalizzando su una piccola parte del nostro essere, che eleviamo a unica, potente, indispensabile: io sono potente ed importante fintanto che sono bella, piacente, sexy e magra.
La dott.ssa Engeln, docente di psicologia e ricercatrice di immagine corporea alla Northwestern University, ce ne parla nel suo libro (potete trovare anche un interessante discorso su youtube della stessa sulla tematica https://www.youtube.com/watch?v=63XsokRPV_Y ): la malattia per la bellezza è una vera e propria epidemia, in cui le donne spendono tempo, soldi ed una quantità enorme di energie per migliorare il proprio aspetto esteriore, preoccupandosi di ogni dettaglio, cura della pelle, mani, capelli, peso. Le ragazze, come dice l’autrice, imparano che è molto più importante come appaiono, rispetto a quello che sono.
La bellezza diventa quindi un obiettivo talmente grande da essere unico ed indispensabile presupposto per tutti gli altri obiettivi, come istruzione, successo, relazioni. Sembra non rimanga più lo spazio per essere parte attiva, interessate al mondo che ci circonda e a starci dentro davvero, perché il nostro sguardo ed il nostro impegno sono tutti lì, a curare e modificare l’immagine che lo specchio ci rimanda. Questa modalità è una trappola che ci allontana, ci toglie il potere di decidere e vivere, di essere soggetti oltre che corpi, e ci pone sotto un ricatto stringente: sarò felice, sarò soddisfatta, sarò potente….quando sarò bella. Ma la vita è adesso, e la nostra felicità prescinde dall’immagine che ci rimanda lo specchio o dal fatto che il nostro corpo possa essere attraente. In realtà l’epidemia di malati di bellezza coinvolge anche gli uomini, ma le donne sono decisamente più colpite in un sistema che spinge soprattutto loro ad essere belle: un uomo potente non deve essere necessariamente bello, una donna potente sì. Una donna che è in politica, verrà giudicata per esempio per il suo aspetto…un uomo no: se lei è bella chissà come è arrivata lì, se è brutta è oggetto di scherno…ma questo cosa ha a che fare con le sue competenze? Niente. Ed è così che noi impariamo a giudicare noi stesse, dando rilievo ad un unico, trascurabile, pezzo della nostra vita. Le donne sono esposte maggiormente a commenti rispetto alla propria fisicità, è “normale” ricevere feedback sul proprio aspetto…per un uomo no. Si innesca quel binomio di pensiero bellezza=potere, ma come dice la ricercatrice, non c’è nessun potere quando la bellezza è la cosa più importante e più potente che una donna possa essere. Quando i media, e tutte noi ne siamo consapevoli del fatto che le modelle non rappresentano la realtà di quello che una donna è, ci invitano a guardare delle immagini non ci dicono solo che la bellezza è tutto, che la bellezza è potere, ma ci dicono soprattutto TU NON SEI COSI’. Questo consegue che tu non sei potente, non sei importante, non potrai mai aspirare a qualcosa di soddisfacente perché non sei bella. Il nostro cervello processa l’immagine fisica altrui, è inevitabile. Il problema nasce quando tutti i nostri soldi, energie, preoccupazioni e sforzi sono tesi ad essere belle….e tutto il resto che ci rende ciò che siamo? Diventiamo oggetti e non soggetti. Lo sappiamo bene tutte che le immagini patinate dei media non sono reali…ma questo non basta a farci sentire a posto nei nostri lineamenti, nella nostra taglia, nella nostra pelle, tanto che sui social molti modificano la propria immagine per apparire sempre più aderenti a quel modello irrealistico ed irraggiungibile.
La distanza tra quello che una donna effettivamente è e quello che una donna vuole essere si amplia sempre di più, ancora e ancora…fino a generare insoddisfazione, amarezza, bassa autostima (l’autostima lo ricordiamo non è solo fondata sul nostro aspetto fisico, ma dalle caratteristiche positive che ci attribuiamo…che diciamolo vanno ben oltre il corpo che abitiamo). Una donna che è così assorbita dall’apparire, così tragicamente coinvolta nel migliorarsi, è una donna estranea al mondo che la circonda, relegata all’essere bella, carina…e niente di più. Quale potere vedete in questo? Nessuno…
La nota positiva però è che proprio perché siamo molto più del nostro aspetto fisico, possiamo “guarire” se ci ammaliamo di bellezza. Come?
Intanto ricordiamoci che la bellezza è soggettiva, costituita da canoni che cambiano in ogni parte del mondo e nelle diverse epoche storiche…non è un concetto oggettivo attraverso cui giudicare noi stesse. In secondo luogo dovremmo imparare di nuovo a pensare al nostro corpo come mezzo e non come fine. Il nostro corpo è lo stesso amico che ci consente di abbracciare chi amiamo, correre, esplorare il mondo in cui viviamo…cerchiamo di essere gentili con lui e riconoscenti per le cose che ci consente di vivere ogni giorno. Infine, potremmo provare a disintossicarci da tutte quelle riviste che ci parlano continuamente di come ringiovanire la nostra pelle, assottigliare il punto vita, eliminare la ciccia intorno le ginocchia…e dedicarci degli stimoli più sostanziali. Oltre a dirigere la nostra attenzione ad interessi più stimolanti mentalmente, questo ci consente di stoppare il continuo influsso di immagini su come dovremmo essere per lasciare spazio ad una valutazione personale di quello che siamo e di come appariamo: io mi piaccio secondo il mio modo di vedermi?
Articolo a cura della Dott.ssa Anastasia Zottino