Il burn-out genitoriale
Essere genitori al giorno d’oggi sembra più difficile di quanto non apparisse un tempo.
Sempre più di frequente si rileva una difficoltà a trasmettere valori e confini, che spesso induce ad adottare nei confronti dei propri figli comportamenti di tipo ansioso mossi essenzialmente dal bisogno di far sentire loro presenza ed affetto. Di base vi è il timore di deprivare il figlio dell’amore necessario e di poter essere responsabili di un suo malsano sviluppo psicologico.
Su questo ha certamente un peso il fatto che mai come oggi, la genitorialità è attesa come un’esperienza meravigliosa, portatrice di emozioni positive e di nuovi significati alla propria esistenza, ma se questo è vero, è altrettanto vero che “essere” o “fare” il genitore pone costanti interrogativi sulla crescita dei figli, oltre che sulla propria adeguatezza a ricoprire tale ruolo ed invita alla ricerca di soluzioni sempre nuove, spingendoci a vivere in una dimensione creativa in cui “nulla è certo”.
Ne consegue che per quanto possa essere gratificante ed arricchente diventare madre o padre, non sempre il nostro corpo e la nostra mente sono in grado di far fronte a ciò che tale ruolo implica e non sempre è facile soddisfare le proprie ed altrui aspettative.
È assodato che in condizioni di forte stress l’organismo è in grado di difendersi, adattandosi gradualmente alle richieste pressanti dell’ambiente ma, terminata la fase di allarme e resistenza, spesso le risorse a disposizione non sono più sufficienti ad una ripresa.
Ed è proprio al processo del consumarsi, dell’esaurirsi che si riferisce il termine burn-out.
Prima degli anni 2000 la sindrome del burn-out era riferibile solo ai contesti professionali, per descrivere una condizione caratterizzata essenzialmente da 3 aspetti:
- Senso di spossatezza ed esaurimento schiaccianti;
- tendenza a depersonalizzare i destinatari del proprio lavoro;
- senso di marcata inefficacia nel proprio lavoro unitamente alla percezione di incapacità a raggiungere gli obiettivi prefissati.
A partire dai primi anni del nuovo secolo, a seguito di una serie di cambiamenti sociologici e culturali avvenuti nella società industrializzata, tale condizione inizia ad essere osservata anche all’interno del sistema famigliare, delineandosi in ambito psicologico-clinico come Sindrome del Burn-out genitoriale, una sindrome di esaurimento delle risorse psicologiche ed emotive che porta l’individuo a sentirsi emotivamente distaccato dai propri figli e a mettere in dubbio la propria capacità di essere un buon genitore.
Una recente ricerca in merito ha evidenziato come le tre dimensioni base del burn-out professionale siano riscontrabili anche nel burn-out genitoriale, con la sola differenza che in quest’ultimo la “depersonalizzazione” viene sostituita da una sorta di “distanziamento emotivo” del genitore nei confronti dei figli.
Viene quindi a subentrare uno stato di stanchezza emotiva, depressione e disinteresse tale da indurre l’individuo ad un distacco emotivo da ciò che gli accade attorno, in particolare dai figli, rispetto ai quali esso si pone in modo più freddo (riduzione dell’empatia).
A differenza di quanto si possa pensare, il burn-out genitoriale può interessare in egual misura ambedue i genitori, anche se si rileva una leggera prevalenza per le madri, probabilmente perché, in media, esse continuano a prendersi maggiormente cura della prole rispetto ai padri. Tale condizione si configura quindi come la risposta individuale ad una situazione avvertita come molto stressante, nella quale il genitore non ha risorse e strategie comportamentali o cognitive adeguate per fronteggiarla. Queste manifestazioni si osservano all’interno del sistema familiare più frequentemente nelle fasi di passaggio, quale quella dalla preadolescenza all’adolescenza o dall’adolescenza all’età adulta.
Fattori predisponenti
Alcuni studi evidenziano che i soggetti che presentano elevati punteggi nelle scale psicologiche che misurano il tratto di personalità definito “Nevroticismo“, ovvero una tendenza stabile a sperimentare emozioni spiacevoli (ansia, rabbia, stati depressivi), specie in risposta a situazioni critiche, appaiono particolarmente vulnerabili al Burn-out genitoriale.
Unitamente a questo, si è dimostrata cruciale anche la presenza di un Sé-genitoriale eccessivamente rigido ed esigente: la tendenza a porsi standard troppo elevati e ad aspirare all’ideale del genitore perfetto, sembrano difatti esporre l’individuo ad un livello di stress considerevole e duraturo che può facilmente evolversi in burnout. A un livello più ampio, tra le cause ambientali esterne, sono state identificate la quantità di figli presenti in famiglia e la mancanza di supporto familiare o sociale. Infine, poiché il burn-out deriva sempre da uno squilibrio fra le richieste avanzate dalle situazioni di vita e le risorse personali, si configurano come possibili fattori di rischio anche una condizione economica instabile e la scarsità di tempo da dedicare ai figli.
Possibili implicazioni
Alcuni studi hanno dimostrato che il distacco emotivo e il disimpegno verso i figli tipici del burnout genitoriale, possono portare ad una riduzione della responsività genitoriale e ad un impoverimento marcato della relazione con i figli che può sfociare a sua volta nella tendenza a diventare genitori rigidi, distanti o addirittura maltrattanti. Una ricerca di Mikolajczak e colleghi (2019) ha difatti rilevato una forte associazione tra burnout genitoriale e tre variabili specifiche: ideazione di fuga (allontanamento dal nucleo familiare-suicidio), trascuratezza genitoriale (rispetto ai bisogni fisici, emotivi ed educativi dei figli) e violenza genitoriale (verbale, fisica, psicologica), evidenziando come il burnout porti ad un incremento di tutti e tre i fattori. Per i figli, il rischio principale è quello di sviluppare un attaccamento insicuro, con conseguenze psicologiche fortemente negative per il loro sviluppo. Non solo, il burn-out genitoriale rappresenta una minaccia anche per la stabilità della coppia, poiché il forte stress di un genitore va inevitabilmente ad impattare sull’altro, il quale avvertirà l’esigenza di supplire alle carenze del partner con un dispendio di risorse spesso difficile da sostenere. In una simile condizione, è ovvio che la conflittualità di coppia va ad aumentare, incrementando a sua volta il rischio di separazioni e divorzi.
Nei casi più gravi, si osserva inoltre la tendenza a cadere in stati di dipendenza da sostanze e un deterioramento delle condizioni generali di salute.
Come affrontare?
- Cogliere i segnali d’allarme: se ci sentiamo stanchi e privi di motivazione nell’affrontare la quotidianità, se ci innervosiamo spesso e rapidamente, se abbiamo la s
ensazione che tutti i nostri sforzi siano vani e inefficaci, è fondamentale fermarsi ed iniziare ad ammettere a noi stessi che qualcosa non va e che la causa potrebbe riguardare proprio il nostro essere genitori.
- Parlarne: fare gioco di squadra nell’educazione della prole riduce notevolmente i livelli di stress poiché consente di apparire coerenti agli occhi dei figli ed aumenta il senso di efficacia genitoriale. Altrettanto importante è avere la possibilità di condividere le proprie fragilità con altre madri: è piuttosto raro che le mamme parlino tra loro della fatica e delle difficoltà connesse al proprio ruolo, più spesso le loro conversazioni sono incentrate sui bisogni dei figli; se lo facessero, scoprirebbero invece di non essere le sole e che alcuni loro pensieri ed emozioni sono più comuni di quanto immaginino.
- Imparare a gestire il tempo in modo efficace. Lo stress genera nell’individuo la sensazione di non avere alcun controllo sulle attività svolte, inducendolo a focalizzare la sua attenzione su doveri e problematiche da risolvere. Pertanto, ritagliarsi dei momenti per sé, in cui potersi dedicare a cose gradite, è fondamentale per “ri-centrarsi” e riorganizzare la propria routine. Proviamo ad osservare i nostri impegni settimanali per valutare quante esperienze gratificanti concediamo a noi stessi: potremmo accorgerci di non averne oppure di dedicarci ad esse nei momenti sbagliati.
- Valutare la possibilità di un percorso psicologico al fine di modificare schemi comportamentali disfunzionali o aspetti della quotidianità che inducono al burnout, acquisendo modalità più efficaci di gestione dello stress.
I genitori non dovrebbero dimenticare che essi mantengono il diritto e la necessità di esistere, al di là dei loro figli e del loro ruolo.
Articolo a cura della dott.ssa Sara Belli
Buonasera ho bisogno di aiuto , a chi posso rivolgermi a Milano? Sono senza lavoro e mi è stato riscontrato bornout genitoriale